La vendita di EMI

La storica casa discografica lotta contro i debiti e cerca un nuovo compratore

Da una settimana l’etichetta discografica EMI è posseduta al cento per cento da Citigroup, una delle più grandi e importanti aziende di servizi finanziari del mondo. La società è subentrata al fondo di investimento privato Terra Firma, guidato da Guy Hands, che nel marzo del 2007 aveva rilevato tutte le attività di EMI attraverso una transazione da 4,9 miliardi di euro con l’obiettivo di rilanciare il marchio, che ha nei propri cataloghi i dischi dei Beatles, all’epoca già in affanno a causa di un considerevole calo delle vendite che aveva portato la casa discografica a perdere 300 milioni di euro nell’anno fiscale 2006/2007.

La crisi economica e le vendite ancora in calo, segnala l’Economist, non hanno consentito a Terra Firma di ripagare i debiti di EMI. Lo scorso anno, Guy Hands decise di fare causa a Citigroup, la banca che aveva finanziato l’accordo per l’acquisizione della casa discografica, accusandola di essere stato ingannato al momento dell’acquisto e di aver così speso più del dovuto per entrare in possesso di EMI. La causa fu vinta dall’azienda di servizi finanziari e la vicenda contribuì a inasprire ulteriormente i rapporti tra le parti, obbligando Hands a rinegoziare il pagamento dei debiti di EMI o rinunciare alla società che aveva acquisito tramite Terra Firma.

Constatata l’impossibilità di fare fronte ai debiti, a inizio mese Hands ha lasciato EMI nelle mani di Citigroup. Anche se mancavano ancora alcuni mesi al pagamento della prossima rata da 237 milioni di euro, era ormai chiaro che gli investitori di Terra Firma non avrebbero sborsato altro denaro per trattenere EMI, così Hands ha preferito accorciare l’agonia e tornare a dedicarsi alle altre società possedute dal fondo di investimenti.

Ottenuto il controllo di EMI, Citigroup si è subito data da fare per ridurre il debito della casa discografica portandolo da 4 a 1,4 miliardi di euro. Questa operazione non consentirà probabilmente all’azienda di servizi finanziari di recuperare le perdite, il valore di EMI è stimato intorno a 1,8 miliardi di euro, ma dovrebbe comunque aumentare le possibilità di trovare un nuovo compratore per l’etichetta discografica. Attraverso la vendita, Citigroup potrebbe recuperare almeno il valore della società.

Secondo l’Economist, Citigroup avrebbe le proprie buone ragioni per essersi mossa così in fretta per ottenere il controllo di EMI. Voci insistenti danno come probabile la messa in vendita di Warner Music Group, società discografica posseduta in parte de alcuni fondi di investimento, ed è quindi importante essere prima del possibile sul mercato per evitare che un compratore decida di entrare in possesso di Warner trascurando EMI. I possibili compratori potrebbero essere BMG, l’etichetta discografica di Bertelsmann, o il fondo di investimenti KKR di New York. Ma gli analisti non escludono che sia la stessa Warner a entrare in possesso di EMI.

Da una decina di anni le etichette discografiche non hanno vita facile: le vendite dei dischi sono diminuite sensibilmente e il mercato della musica digitale online non compensa ancora pienamente le perdite, anche a causa della pirateria e dei download illegali delle canzoni. Il mercato musicale è sostanzialmente controllato da quattro grandi case discografiche: Universal Music Group, Sony Music Entertainment, Warner Music Group ed EMI. Ciascuna di queste major controlla poi una galassia di etichette di medie e piccole dimensioni, differenziate a seconda dei mercati e delle progressive acquisizioni, fusioni e vendite di altre società. Prima del 1998, il mercato era dominato da cinque grandi major (più le indipendenti) perché Sony Music e BMG non si erano ancora fuse insieme.