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  • Venerdì 21 gennaio 2011

Chi è Andy Coulson e perché si è dimesso

Il capo della comunicazione del governo Cameron si è dimesso questa mattina

Prime Minister David Cameron on October 4, 2010 in Birmingham, England. On the second day of the conference Chancellor of the Exchequer George Osborne is set to announce cuts to welfare payments.
Prime Minister David Cameron on October 4, 2010 in Birmingham, England. On the second day of the conference Chancellor of the Exchequer George Osborne is set to announce cuts to welfare payments.

Questa mattina il direttore delle comunicazioni dello staff di David Cameron ha dato le dimissioni. Si chiama Andy Coulson e le sue dimissioni si devono alle conseguenze di uno scandalo che non riguarda il suo lavoro nello staff del primo ministro britannico bensì il suo lavoro precedente, quello di direttore del tabloid News of the world, appartenente al gruppo editoriale di Rupert Murdoch.

La storia è britannica come di più non potrebbe essere: tabloid scandalistici, Scotland Yard, la famiglia reale, giornalisti e investigatori privati disposti a tutto pur di ottenere uno scoop, una tonnellata di vip e qualche politico qua e là. Comincia nel novembre del 2005, quando tre dipendenti di alto livello della famiglia reale si accorgono che ai loro telefoni cellulari accadono cose strane: nelle loro segreterie ci sono messaggi che figurano come già ascoltati nonostante loro non li abbiano mai aperti. Nello stesso periodo il News of the World pubblica delle notizie piuttosto documentate su cosa succedeva al principe William: niente di grosso, ma si trattava di informazioni note a pochissime persone e la coincidenza era preoccupante.

La casa reale allerta la polizia metropolitana di Londra, ovvero Scotland Yard, che rintraccia chi accedeva alle segreterie e arriva a Clive Goodman, il giornalista del News of the World responsabile delle notizie sulla famiglia reale, e Glenn Mulcaire, un investigatore privato che lavorava per il tabloid. I due erano riusciti a ottenere i codici PIN necessari ad avere accesso alle segreterie telefoniche. Come spesso accade in questi casi, però, Scotland Yard non arrestò subito i due: disse ai dipendenti della famiglia reale di continuare a comportarsi normalmente, così da permettere all’indagine di andare avanti e accumulare elementi.

Quando è troppo è troppo
A un certo punto, qualche mese dopo, il giornalista e l’investigatore di News of the World pubblicano un articolo sulle frequentazioni di uno strip club da parte del principe Harry. Il Sun rilancia la storia con un titolo entrato nella storia dei tabloid britannici, che non è necessario tradurre: “Harry Buried Face in Margo’s Mega-Boobs. Stripper Jiggled… Prince Giggled”. Poco dopo – siamo nell’aprile del 2006 – Goodman firma un articolo sul News of the World che racconta l’irritazione della fidanzata del principe Harry per la questione dei night club, pubblicando il contenuto di un messaggio lasciato da quest’ultima nella segreteria telefonica del principe. Per la famiglia reale è troppo, e i due vengono arrestati. I risultati dell’inchiesta faranno dire a Scotland Yard che le persone spiate erano centinaia: celebrità di ogni tipo, funzionari del governo, calciatori, cantanti. Quattro anni dopo, moltissimi di questi non sanno nemmeno di essere nella lista. E la colpa è proprio della polizia, ma ci arriviamo dopo.

Il ruolo di Scotland Yard
Goodman e Mulcaire vengono condannati e passano diversi mesi in prigione, mentre News of the World li licenzia. Delle centinaia di persone intercettate, però, solo cinque fino a questo momento hanno fatto causa al tabloid. Questo perché la polizia si è rifiutata di fornire i nomi di moltissime delle persone coinvolte, indagando praticamente solo sui casi riguardanti i membri della famiglia reale. Il presidente della commissione parlamentare che ha indagato sul caso ha detto che Scotland Yard non era entusiasta di indagare in profondità e scoprire quanto fossero diffusi i metodi di Mulcaire e Goodman. Le ipotesi sul perché sono diverse. In primo luogo le poche risorse del dipartimento: a causa del coinvolgimento della famiglia reale, infatti, l’indagine faceva capo al settore antiterrorismo, già oberato di incarichi più importanti e urgenti a meno di un anno dagli attentati di Londra del 2005. Poi c’è lo storico rapporto di vicinanza e mutua assistenza tra la polizia londinese e i tabloid: la prima fornisce spesso soffiate o informazioni utili alla seconda, che invece descrive in modo epico e compiacente le operazioni di Scotland Yard o solleva scandali di alto livello su cui poi la polizia si fionda. Quel che è certo è che il capo del dipartimento che ha indagato sulle intercettazioni oggi non fa più il poliziotto, bensì l’editorialista per News of the World e per il Times, altro quotidiano di Rupert Murdoch.

Le condanne
Insomma, l’inchiesta di Scotland Yard inizia e finisce con Goodman e Mulcaire, che vengono condannati nel gennaio del 2007. La sentenza dice che Mulcaire, l’investigatore, non lavorava solo con Goodman ma anche con altri giornalisti del tabloid, senza però approfondire questo genere di collaborazione, in assenza di prove sufficienti. Il direttore di News of the World, Andy Coulson, si dichiara completamente estraneo ai fatti ma si assume la responsabilità del comportamento dei suoi giornalisti e si dimette. Qualche mese dopo Coulson verrà assunto dal partito conservatore come direttore delle comunicazioni; quando Cameron è diventato primo ministro, è diventato il direttore delle comunicazioni del governo britannico.

L’inchiesta parlamentare
Finisce l’inchiesta di Scotland Yard, comincia quella del parlamento britannico. Goodman e Mulcaire fanno causa a News of the World accusando la testata di averli scaricati, ma i provvedimenti non arrivano a conclusione dal momento che il tabloid li risarcisce proponendo – e ottenendo – la firma di un accordo che li impegna a non parlare più pubblicamente della vicenda. Nel corso dell’inchiesta parlamentare vengono però sentiti diversi altri ex giornalisti del News of the World, che fanno vacillare la versione di Coulson, l’ex direttore. Tutti sostengono che l’atmosfera in redazione era ultra competitiva e che il direttore spingeva i giornalisti a fare qualsiasi cosa – lecita o illecita – pur di ottenere uno scoop.

La dura vita del giornalista di tabloid
Nel 2006, a gennaio, una balena finì intrappolata nel Tamigi per qualche strano accidente e decine di tabloid sguinzagliarono i loro giornalisti su navi e battelli per cercare di fotografarla. A un certo punto un giornalista del News of the World vide un collega del rivale Sunday Mirror tuffarsi nell’acqua gelata per avvicinarsi a quella che credeva essere la balena: le foto del tizio bagnato in acqua furono pubblicate da tutti i giornali. Al News of the World non furono contenti. “Se non si butta anche lui e non si fa fotografare mentre salva la balena spingendola verso il mare, allora meglio che non torni più e basta”, disse il direttore Coulson, secondo quanto ricorda un giornalista che lavorava lì in quei giorni. Un altro giornalista venne inviato nelle acque del Mare del Nord alla ricerca della “famiglia della balena”. Avete capito, insomma: è una vitaccia. E Coulson non la rendeva più semplice: una volta costrinse un suo giornalista a chiudersi per 24 ore dentro una scatola di plastica, come esperimento per verificare il trucco di un illusionista. Ma non era solo il News of the World: erano tutti. Anche per le intercettazioni telefoniche, dicono molti testimoni. Basta procurarsi o indovinare il codice PIN delle segreterie telefoniche e il gioco è fatto. A parte il Guardian, la stampa britannica praticamente non si è occupata del caso.

Il rapporto della commissione parlamentare
Lo scorso febbraio la Camera dei comuni ha concluso la sua indagine, accusando il News of the World di comportamenti scorretti e finendo quindi per gettare nuovamente la palla nel campo di Scotland Yard, che ha ancora nei suoi archivi i nomi delle centinaia di persone vittime di quei comportamenti. È capitato che uno di questi chiedesse conto alla sua compagnia telefonica del movimento sulla sua segreteria, e che questa verificasse attraverso la polizia la presenza effettiva del suo nome nella lista. Per le persone coinvolte in episodi del genere è come vincere la lotteria: News International spesso non lascia nemmeno cominciare le cause legali offrendo cospicui risarcimenti. L’altro nodo è quello che riguarda Coulson: moltissimi dei personaggi sentiti dalla commissione dicono di essere certi del fatto che il direttore sapesse tutto. Passano le settimane e crescono le pressioni sul suo conto.

Perché se ne riparla
A scandalo ufficialmente concluso, il tabloid di Murdoch aveva detto di applicare una politica di “tolleranza zero” nei confronti di simili comportamenti. Nello scorso settembre il caso però è nuovamente sulle pagine dei giornali (cioè del Guardian e poco altro), perché un personaggio televisivo britannico ha notato che qualcuno aveva tentato ripetutamente di accedere alla sua casella telefonica. Ha chiesto alla sua compagnia telefonica, che è risalita all’utenza di un altro giornalista del News of the world. È stata aperta una nuova inchiesta, e del caso si stanno occupando anche l’authority britannica per la stampa nonché un’indagine interna di News International, che intanto ha sospeso il giornalista in questione. Intanto il Guardian ha pubblicato le testimonianze di altri ex giornalisti di News of the World che dicono che Coulson sapeva delle intrusioni nelle utenze telefoniche dei vip o le aveva addirittura commissionate.

Oggi
Si arriva a oggi, quindi. Dopo settimane costellate da nuovi dettagli e rivelazioni sul suo conto, il direttore delle comunicazioni ha capito che la vicenda stava diventando delicata anche per il governo Cameron, nonostante con questo non avesse nulla a che fare, e che lo distraeva impedendogli di fare serenamente il proprio lavoro. Questa mattina ha convocato una conferenza stampa e ha dato le sue dimissioni. David Cameron lo ha ringraziato per il lavoro svolto durante questi mesi e adesso dovrà trovargli un sostituto: magari uno con un passato meno ingombrante.

foto: Peter Macdiarmid/Getty Images