L’Iran condanna il regista Jafar Panahi

È stato condannato a sei anni di carcere per propaganda contro il regime

Il regista iraniano Jafar Panahi, arrestato lo scorso febbraio perché accusato di lavorare a un film anti-regime, è stato condannato a sei anni di carcere da un tribunale di Teheran. Si era espresso in favore della rivoluzione verde che aveva seguito le elezioni in Iran del 2009 ed era stato arrestato per la prima volta nel luglio dello stesso anno per avere partecipato alla cerimonia di commemorazione di una delle vittime delle proteste. Il film a cui stava lavorando raccontava la storia di una famiglia nei mesi successivi a quelle manifestazioni.

La sua condanna è stata ufficializzata ieri nonostante la campagna in suo favore condotta negli ultimi mesi da alcuni dei registi iraniani più famosi. A marzo, Abbas Kiarostami aveva scritto una lettera aperta alle autorità iraniane chiedendo la liberazione immediata di Panahi e del suo collega, Mahmous Rasoulof, anche lui condannato a sei anni di carcere per avere lavorato insieme a Panahi. Ad aprile, un gruppo di registi americani tra cui Steven Spielberg, Martin Scorsese e Francis Ford Coppola avevano a loro volta firmato una lettera aperta in cui chiedevano la sua scarcerazione. A maggio, l’attrice Juliette Binoche aveva pianto al Festival di Cannes durante una conferenza stampa in cui si parlava dell’arresto di Panahi. Pochi giorni dopo, al regista fu concessa una scarcerazione temporanea su cauzione.

Jafar Panahi aveva vinto la Caméra d’or a Cannes nel 1995 con il film “Il palloncino bianco” e il Leone d’Oro a Venezia nel 2003 con “Il cerchio”. In un’intervista con France Press lo scorso agosto, aveva detto: «Quando un regista non può più fare film è come se fosse imprigionato. E anche quando viene scarcerato, è come se si trovasse in una prigione più grande. La domanda più importante è “perché una persona può essere condannata per avere fatto un film?” Un film può essere censurato, ma non il regista».

Il mese scorso, Panahi ha tenuto un discorso molto appassionato durante un’udienza del suo processo nel tribunale di Teheran. Ha parlato del suo amore per l’Iran e del suo desiderio di restare a lavorare lì nonostante tutto.

Nonostante tutte le ingiustizie che ho subito, io, Jafar Panahi, voglio dire ancora una volta che sono iraniano, che resterò nel mio paese e che mi piace lavorare nel mio paese. Amo il mio paese, ho anche pagato un prezzo per questo, e sono pronto a pagarlo ancora se necessario. Ho anche un’altra dichiarazione da fare in aggiunta alla precedente. Come mostrano i miei film, dichiaro che credo nel diritto “degli altri” a essere diversi. Credo nel rispetto e nella comprensione reciproca, così come nella tolleranza; la stessa tolleranza che mi impedisce di giudicare e di odiare. Non odio nessuno, neanche i miei giudici.

Oltre alla condanna a sei anni di carcere, il tribunale ha deciso che Jafar Panahi non potrà più dirigere, scrivere e produrre film, viaggiare e rilasciare interviste sia all’estero che in Iran per venti anni.
https://www.youtube.com/watch?v=Dmhp3-yVZCk