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  • Domenica 19 dicembre 2010

L’ospedale che si fa pagare in noccioline

Il Chidamoyo Christian Hospital cura i suoi pazienti in cambio di polli, capre e arachidi

Zimbabwan man dries ground nuts in Pretoria on June 13, 2010 during the 2010 World Cup football tournament in South Africa. The 2010 World Cup continues through July 11 in South Africa. AFP PHOTO/JOE KLAMAR (Photo credit should read JOE KLAMAR/AFP/Getty Images)
Zimbabwan man dries ground nuts in Pretoria on June 13, 2010 during the 2010 World Cup football tournament in South Africa. The 2010 World Cup continues through July 11 in South Africa. AFP PHOTO/JOE KLAMAR (Photo credit should read JOE KLAMAR/AFP/Getty Images)

Lo Zimbabwe è uno dei paesi più poveri e stremati dell’Africa. Negli ultimi venticinque anni l’aspettativa di vita della sua popolazione è passata da 61 a 47 anni. Per la maggior parte delle persone il denaro è una cosa talmente rara che il baratto è tornato a essere l’unica forma di scambio possibile. Il New York Times oggi racconta la storia del Chidamoyo Christian Hospital, che cura le persone in cambio di polli, capre, mais e noccioline. Tantissime noccioline.

Le persone vengono da ogni parte del paese per mettersi in fila qui nella veranda di questo ospedale e barattare visite mediche e medicine con polli, capre e mais. Nella maggior parte dei casi, arrivano con sacchi pieni di arachidi nelle loro mani. La cappella dell’ospedale ormai è stata riempita da una gigante sabbia di noccioline sgusciate. L’ospedale le usa per fare il burro di arachidi che viene servito nel porridge per colazione, spalmato nelle merende del pomeriggio e mischiato alle verdure per la cena.

L’ospedale si è convertito al baratto nel 2008, quando l’inflazione nel paese ha raggiunto il picco del 500 percento secondo il Fondo Monetario Internazionale. L’anno scorso lo Zimbabwe ha abbandonato la sua moneta e l’ha sostituita con il dollaro americano e l’inflazione ha iniziato a diminuire. Ma da un recente studio delle Nazioni Unite è emerso che lo Zimbabwe è uno degli unici tre paesi del mondo le cui condizioni generali di sanità, educazione e ricchezza pro capite sono peggiorate rispetto a quarant’anni fa.

Nel Chidamoyo Christian Hospital ci sono solo due medici e quindici infermieri che vedono circa seimila pazienti al mese. «Le persone qui sono trattate bene, si prendono cura di noi», ha detto alla giornalista del New York Times Monica Mbizo, una donna di 22 anni che è arrivata all’ospedale portando con sé tre polli in cambio di qualche cura per i suoi dolori allo stomaco.

L’ospedale fu aperto quarant’anni fa nel nord del paese da un gruppo di missionari americani ed è l’unico che chiede soltanto un dollaro – o un quarto di un sacco di noccioline – per una visita medica. Di solito gli altri ospedali chiedono almeno 4 dollari, e solo in contanti. La struttura riesce a sopravvivere grazie ai finanziamenti che riceve dalla chiesa americana e britannica, ma la scarsità di contanti si fa comunque sentire. L’anno scorso per esempio non aveva abbastanza soldi per conservare in modo adeguato le scorte di sangue e non è stata in grado di curare alcune donne che hanno avuto emorragie post parto. Le pazienti sono state trasferite in altri ospedali più grandi, ma otto di loro sono morte.