Chi era Richard Holbrooke

Noto per il suo ruolo nel raggiungimento degli accordi di pace tra le fazioni in guerra in Bosnia, Holbrooke è stato ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite dal 1999 al 2001

di Adriano Sofri

Richard Holbrooke, morto ieri a 69 anni, permette di parlare con rispetto della diplomazia americana in un momento assai poco favorevole.
Diplomatico di lunghissimo corso, avendo esordito ventunenne in Vietnam, più volte in predicato per la Segreteria di Stato (con Gore e Kerry) era ora l’inviato di Obama per l’Afghanistan e il Pakistan. Era stato l’artefice dell’accordo di Dayton che mise fine nel 1995 alla guerra nella ex-Jugoslavia. Quella “pace di Dayton”, se non significò una vera pace, e tantomeno una pace equa – che continua a mancare nella Bosnia di oggi – segnò tuttavia la fine di una violenza feroce, che fece strage di vite umane e di dignità delle persone in Bosnia e in altri territori ex-jugoslavi.
E mostrò l’inerzia, a volte vile a volte complice, della comunità internazionale e soprattutto dell’Europa, di cui quei Balcani sono parte.

Holbrooke era stato incaricato della missione jugoslava da Bill Clinton.
Dopo negoziati separati condotti a Belgrado, Zagabria e Sarajevo per quasi cinque mesi, i tre capi delle principali nazionalità ex-jugoslave, il serbo Milosevic, il croato Tudjman e il bosniaco Izetbegovic, e i loro team (per i bosniaci anche il primo ministro Silajdzic, che ebbe un ruolo centrale, anche contro il suo presidente) furono tenuti nella base aerea di Dayton, in Ohio, in una specie di sequestro per ventuno giorni.
Era la fine del 1995, il massacro era durato tre anni. I documenti diplomatici e le testimonianze orali della trattativa precedente e dei giorni di Dayton sono stati pubblicati, “declassificati”, dal Dipartimento di Stato nel 2005: “The Secret History of Dayton
 U.S. Diplomacy and the Bosnia Peace Process 1995”. Ma fin da subito circolarono voci tragicomiche su mappe ridisegnate ogni giorno, rinnegate la mattina e accettate a tarda notte da un Milosevic persuaso dal whisky.

I documenti mostrano, accanto all’intelligenza e alla pazienza, anche l’ironia e la determinazione di Holbrooke: il suo appassionato scetticismo, se si può dire così. Con tutti i suoi difetti, è un fatto che l’accordo di Dayton valse a salvare un gran numero di vite, e togliere alla vista dell’Europa lo specchio della sua viltà. Senza l’opera di Holbrooke quel risultato non si sarebbe raggiunto.