La Costa d’Avorio con due presidenti

Ouattara e Gbagbo continuano a contendersi l'esito delle elezioni e hanno messo in piedi due amministrazioni

Il viaggio di Thabo Mbeki, l’ex presidente del Sudafrica, per conto dell’Unione Africana in Costa d’Avorio è stato un mezzo fallimento. Mbeki si era recato nel paese per mediare tra Alassane Ouattara e Laurent Gbagbo, che da una decina di giorni si contendono la presidenza del paese in seguito alle elezioni dello scorso 28 novembre. L’ex presidente sudafricano ha ascoltato le richieste dei due, ma ha abbandonato il paese senza un accordo tra le parti, affermando di voler fare rapporto all’Unione Africana per la ricerca di una soluzione di pace, che eviti una nuova guerra civile in Costa d’Avorio.

Le elezioni di fine novembre dovevano essere l’occasione per riunire il paese e favorire la pacificazione dei territori, ma l’esito incerto dell’elezione ha fatto nascere nuovi attriti tra le due fazioni che si sono confrontate alle urne. In un primo momento la vittoria era stata attribuita a Ouattara, ma dopo pochi giorni il presidente uscente Gbagbo ha contestato il voto e ha ottenuto dalla Corte Costituzionale un verdetto che di fatto ha sovvertito l’esito delle elezioni, attribuendogli un nuovo mandato. La decisione è stata duramente criticata dalla comunità internazionale, ma fino a oggi Gbagbo non ha dato segno di fare alcun passo indietro.

Sabato scorso, il presidente ha prestato giuramento per il proprio nuovo mandato, ricevendo le critiche degli oppositori guidati da Ouattara. Determinato a non cedere, il leader dell’opposizione ha indetto una cerimonia per celebrare il proprio giuramento e ha messo in piedi una propria amministrazione. Nonostante le pressioni della comunità internazionale, a partite dall’Unione Africana e dalle Nazioni Unite, nel paese permane una fase di stallo che sta portando a numerosi scontri tra la popolazione.

Si stima che fino a ora siano morte almeno dieci persone nelle manifestazioni organizzate dalle due fazioni. Il timore è che possano scoppiare nuove violenze e, per evitare incidenti, l’ONU ha deciso di rimuovere 500 propri dipendenti dal paese in attesa dei prossimi sviluppi.

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