• Mondo
  • Giovedì 2 dicembre 2010

“Connessioni più nefande”

Wikileaks: l'ambasciatore Spogli segnalava interessi torbidi nei rapporti tra Putin e Berlusconi

Italian Prime Minister Silvio Berlusconi (R) and his Russian counterpart Vladimir Putin shake hands at the end of a press conference during their meeting at the Villa Gernetto on April 26, 2010 in Lesmo near Monza. 
AFP PHOTO / GIUSEPPE CACACE (Photo credit should read GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)
Italian Prime Minister Silvio Berlusconi (R) and his Russian counterpart Vladimir Putin shake hands at the end of a press conference during their meeting at the Villa Gernetto on April 26, 2010 in Lesmo near Monza. AFP PHOTO / GIUSEPPE CACACE (Photo credit should read GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)

Wikileaks ha messo online mercoledì sera il documento relativo al giudizio americano sui rapporti tra Italia e Russia in cui sono contenute alcune delle anticipazioni di cui si era parlato nei giorni scorsi e anche molte altre, piuttosto severe nei confronti di Silvio Berlusconi e della limpidezza di questi rapporti.

Si tratta del “cable” dell’ambasciata di Roma firmato dall’allora ambasciatore Spogli e classificato “segreto” del 26 gennaio 2009, intitolato “I rapporti tra Italia e Russia visti da Roma”. È un testo abbastanza lungo il cui contenuto è così riassunto:

Le relazioni italiane con la Russia sono complesse e comprendono simpatie ideologiche, calcoli geostrategici, pressioni commerciali, dipendenze energetiche e rapporti personali tra i leader. La combinazione di questi fattori crea una forte tendenza per la politica estera italiana a essere molto ricettiva nei confronti degli sforzi russi per guadagnare una maggiore influenza politica nell’Unione Europea e per sostenere gli impegni della Russia a diminuire gli interessi sulla sicurezza in Europa degli Stati Uniti. Nella relazione con la Russia, il tema bilaterale più importante è l’energia e la ricerca di forniture di energia stabili dalla Russia spesso costringe l’Italia a compromessi sulle questioni politiche o di sicurezza. Un fattore concomitante non irrilevante è il desiderio del Primo Ministro Berlusconi di mostrarsi un protagonista europeo importante in politica estera, che lo spinge dove altri non osano.

La relazione si apre con una ricostruzione storica dei rapporti italiani con la Russia, con particolare riferimento alla Guerra Fredda e al ruolo del Partito Comunista Italiano, e accusa gli anziani leader politici italiani di sinistra di non essersi allontanati da una lettura di quel paese completamente superata. Durante quegli anni, dice Spogli, “gli interessi commerciali italiani hanno spesso superato la linea del lecito nella loro ricerca di conquista del mercato sovietico”. Quegli interessi sono stati sviluppati ulteriormente dopo la caduta del Muro, soprattutto da parte di imprenditori “legati ai politici di destra, compreso Silvio Berlusconi”.
Spogli, che aveva messo le mani avanti domenica in un’intervista sul Corriere smorzando la portata di eventuali rivelazioni,  spiega che comunque il maggiore fattore in gioco è l’attenzione che Vladimir Putin mostra nei confronti dell’Italia: “ha avuto più incontri con i premier italiani di ogni altro leader mondiale”. “Dopo le elezioni del 2008 è stato il primo a far visita a Berlusconi, arrivando in Sardegna prima ancora che questi si fosse insediato”.

Berlusconi ritiene che Putin sia un suo amico personale e intimo e continua ad avere più contatti con lui di ogni altro leader mondiale. Durante la crisi georgiana, Berlusconi ha parlato con Putin ogni giorno per almeno una settimana. Le basi di questa amicizia sono difficili da individuare, ma molti ci hanno detto che Berlusconi crede che Putin, un collega “magnate”, si fidi di lui più di ogni altro leader europeo. (Un contatto nell’ufficio del Primo Ministro ci ha detto che i loro incontri sono accompagnati da regali lussuosi). Berlusconi ammira lo stile macho, deciso e autoritario con cui Putin governa. E pensa che somigli al suo.

Ma i contatti dell’ambasciata nel PD e nel PdL, prosegue Spogli, “segnalano connessioni più nefande”.

Ritengono che Berlusconi e i suoi compagni traggono profitti personali e cospicui da molti degli affari sull’energia tra Italia e Russia. L’ambasciatore della Georgia a Roma ci ha detto che la Georgia crede che Putin abbia promesso a Berlusconi una percentuale dei profitti su ogni gasdotto impiantato da Gazprom in collaborazione con ENI. Ognuno a cui parliamo del tema della Russia all’interno del PdL ci indica Valentno Valentini, un membro del parlamento e figura alquanto oscura che opera come uomo di fiducia di Berlusconi in Russia. Valentini, in grado di parlare russo, viaggia in Russia diverse volte al mese e appare spesso al fianco di Berlusconi negli incontri con gli altri leader. Cosa faccia a Mosca durante queste frequenti visite non è chiaro ma si dice molto che si occupi degli affari di Berlusconi in Russia.

Valentino Valentini è deputato dal 2001, viene da Publitalia ed è stato assistente particolare di Silvio Berlusconi al Parlamento Europeo, prima di una carriera politica che lo ha portato a essere oggi capo dell’ufficio del Presidente del Consiglio e consigliere speciale per le relazioni estere e tutor delle imprese italiane all’estero. Spogli prosegue spiegando che per il resto Berlusconi sembra decidere sulla Russia praticamente da solo senza consultare nessuno.

Nel novembre 2008, dopo una disastrosa conferenza stampa in cui tra l’altro il premier descrisse l’espansione della Nato, il riconoscimento del Kosovo e la difesa missilistica come “provocazioni degli USA” nei confronti della Russia, i responsabili del governo  fecero un classico “darsela a gambe” (“duck and cover”). In risposta alle nostre obiezioni, i membri del Ministero degli Esteri e dello staff del Primo Ministro ci dissero codardamente di rivolgerci a lui, piuttosto che consegnargli di persona la spiacevole notizia che aveva fatto arrabbiare non solo gli americani ma anche gli altri appartenenti al Gruppo di Contatto dei Balcani, per non parlare di Cechi e Polacchi. Persino il Ministro degli Esteri Frattini ammette di non avere nessuna influenza su Berlusconi e la Russia.

Spogli racconta che quando il vicepresidente USA Cheney chiese ragione a Frattini sulla “controproducente” posizione italiana sulla Georgia, “un sottomesso Frattini” gli disse che aveva le sue idee ma prendeva ordini da Berlusconi. Tutta la politica di Berlusconi sulla Russia è dettata unicamente dal suo desiderio di rimanere nelle grazie di Putin, e si sviluppa “giorno per giorno” e senza strategia. È criticata in particolare la suddetta posizione sulla Georgia, come ha raccontato ieri il Corriere della Sera in una parziale anticipazione del documento.

Sul gas russo, Spogli spiega che il governo ha delegato all’ENI un ruolo che le ha dato “poteri politici” enormi: al capo dell’ENI è dato un ruolo sulle cose russe pari a quello del ministro degli Esteri. Lo stesso Scaroni ha spiegato a Spogli di incontrarsi con Gianni Letta ogni settimana. ENI paga tutti i think tank che creano la cultura geopolitica e diplomatica dell’Italia, e “si sospetta che abbia a libro paga anche dei giornalisti”. Le idee dell’ENI sulla situazione dell’energia in Europa sono “fastidiosamente simili” a quelle di Gazprom e del Cremlino prosegue Spogli. ENI pensa che il vero nemico dell’Europa non sia la Russia ma l’Ucraina. La ricostruzione di Spogli è confortata anche da un differente documento proveniente dall’ambasciata statunitense a Mosca, che riferisce che una fonte italiana racconta dello scoramento dell’ambasciata e del ministero degli Esteri di fronte al rapporto diretto tra Putin e Berlusconi.

Per combattere questa tendenza, riferisce Spogli, l’ambasciata USA si è impegnata nel diffondere all’interno della politica italiana e dello stesso PdL di una “narrazione alternativa” a quella berlusconiana per cui la Russia sarebbe un paese democratico e stabile “provocato dall’Occidente”. Il rapporto si conclude con un commento sulle “eccellenti ” relazioni tra USA e Italia, ma che sostiene che l’insistenza di Berlusconi sul “riparare” quelle tra Russia e Occidente “minaccia la sua credibilità e sta diventando molto irritante”.

Possiamo rimetterlo in carreggiata mandandogli un chiaro segnale che gli Stati Uniti non hanno bisogno di un intermediario per le loro importanti relazioni con la Russia e che la sua insistenza nel minare le strutture e i canali esistenti basati su interessi comuni e valori condivisi in seno all’alleanza in cambio di visibilità a breve termine non è una strategia che Washington intende seguire.