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  • Martedì 30 novembre 2010

La Cina è stufa della Corea del Nord

Altri documenti diplomatici di Wikileaks mostrano che Kim Jong-Il non puo contare neanche sul suo maggiore alleato

di MATTEO MIAVALDI - China Files

A TV grab from CCTV taken on May 7, 2010 shows Chinese President Hu Jintao (R) shaking hands with North Korean leader Kim Jong-Il during a meeting in Beijing on May 7, 2010. Kim Jong-Il vowed during a visit to China to try to revive stalled nuclear disarmament talks, Beijing media in its first confirmation of the secretive trip. AFP PHOTO / RESTRICTED TO EDITORIAL USE / CHINA OUT (Photo credit should read STR/AFP/Getty Images)
A TV grab from CCTV taken on May 7, 2010 shows Chinese President Hu Jintao (R) shaking hands with North Korean leader Kim Jong-Il during a meeting in Beijing on May 7, 2010. Kim Jong-Il vowed during a visit to China to try to revive stalled nuclear disarmament talks, Beijing media in its first confirmation of the secretive trip. AFP PHOTO / RESTRICTED TO EDITORIAL USE / CHINA OUT (Photo credit should read STR/AFP/Getty Images)

Ci sono ancora molte cose nei documenti sulla Cina diffusi da Wikileaks, e diversi di questi riguardano i rapporti con la Corea del Nord e rivelano cose internazionalmente meno note.

Monday, 12 January 2009, 09:12
C O N F I D E N T I A L SEOUL 000059

Partendo dal discorso di insediamento del presidente sudcoreano Lee Myoung-bak risalente al febbraio 2008, il documento analizza le reazioni dei principali paesi vicini a meno di un anno di mandato del presidente Lee. Nel segno del cambiamento e di una nuova politica estera do ut des verso la Corea del Nord, Lee aveva annunciato la volontà di fornire a Pyongyang aiuti umanitari ed agevolazioni per visite di ricongiungimento familiare extra-territoriali, a patto di un impegno serio e concreto nel processo di denuclearizzazione della penisola.

Come facilmente intuibile, il Caro Leader la prende male, e manda a dire che gli aiuti non sono né necessari né richiesti, iniziando un irrigidimento ai confini che porterà al blocco parziale del commercio tra le due Coree e ad un escalation di tensione sfociata nell’uccisione di un turista sudcoreano nel luglio 2008. In tutta risposta, Lee blocca l’afflusso di turisti nella località di Kaesong, Corea del Nord meridionale.

Mentre le relazioni tra le due Coree si complicano, il presidente Lee si impegna a stringere maggiori contatti con gli Stati Uniti, cosa che inizialmente innervosisce Pechino, che mal sopporta ingerenze americane nel “suo” territorio. Ma anche le relazioni con la Cina si fanno più serrate: in meno di un anno, Lee Myoung-bak incontra il presidente cinese Hu Jintao per ben tre volte: maggio ed agosto 2008 in Cina, col pretesto olimpico, e fine agosto 2008 a Seul. Fonti dell’ambasciata cinese a Seul svelano la sorpresa di Pechino nel vedere lo sforzo sudcoreano di migliorare i rapporti, esercizio che viene accolto positivamente da Hu, che eleverà ufficialmenti i rapporti sino-sudcoreani al grado di “partnership di cooperazione completa”.

Lee si dimostra un politico coraggioso, e nei colloqui ufficiali con Hu aggiunge all’agenda classica la questione nordcoreana e dei diritti umani, chiedendo al presidente cinese di non rimpatriare dissidenti nordcoreani trovati in territorio cinese e di sbilanciarsi sulla situazione interna della Corea del Nord, rivelando se Pechino avesse o meno piani contingenti. In entrambi i casi Hu Jintao non risponde: in particolare, riguardo le opinioni sulla politica nordcoreana, nel documento si cita espressamente che il presidente cinese “fa finta di non sentire la domanda”.

Monday, 26 October 2009, 00:33
S E C R E T SECTION 01 OF 04 BEIJING 002965

In questo documento è riportato il contenuto delle rivelazioni che Dai Bingguo, consigliere di stato cinese, ha riferito all’ambasciata americana riguardo la sua recente visita a Pyongyang. Dai spiega che, nelle due ore di colloquio col generale Kim Jong-il, la parte cinese ha esortato più volte il leader nordcoreano a riprendere i “colloqui a sei” per la denuclearizzazione della penisola coreana. Kim insiste nel voler prima un accordo bilaterale con gli Stati Uniti, e poi eventualmente riprendere le trattative multilaterali, sottolineando la gravità della minaccia bellica che la Corea del Nord è costretta a fronteggiare – facendo riferimento alla presunta minaccia sudcoreana – ma rivelando la speranza che dai colloqui bilaterali con gli Stati Uniti possa uscire qualcosa di buono.

Secondo Dai Bingguo, Kim Jong-il si trova in buono stato di salute e non viene meno alla sua fama di gran bevitore, confidando al consigliere di stato cinese che gli alcolici fanno ancora parte della sua dieta giornaliera. La situazione a Pyongyang, sempre secondo Dai, sembra normale e stabile, e la Corea del Nord pare un paese impegnato a migliorare i rapporti con gli Stati Uniti e la propria economia interna.

Thursday, 30 April 2009, 13:07
S E C R E T SECTION 01 OF 05 BEIJING 001176

Il vice ministro degli Esteri He Yafei, durante una discussione ufficiale presso l’ambasciata americana incentrata su una serie di temi sensibili – tra cui G20, Iran, Tibet, Taiwan, Corea del Nord – sostiene che la Corea del Nord, insistendo nella richiesta di colloquui bilaterali diretti con gli Stati Uniti, si stia comportando come un “bambino viziato” che cerca di attirare l’attenzione dell’adulto.

Monday, 26 October 2009, 00:14
S E C R E T SECTION 01 OF 02 BEIJING 002963

Il 29 settembre, durante un colloquio col vice segretario Laura Stone presso il st. Regis hotel di Pechino, il vice ministro degli Esteri He Yafei ridimensiona la prossima visita ufficiale del premier Wen Jiabao in Corea del Nord: “Possono anche non piacerci, ma sono sempre i nostri vicini”. Non proprio un attestato di stima e fratellanza verso i compagni nordcoreani.

Monday, 22 February 2010, 09:32
S E C R E T SEOUL 000272

Il vice ministro degli Esteri sudcoreano Chun Yung-woo riferisce all’ambasciatore americano a Seul che, secondo le sue fonti, la Cina non sarebbe in grado di continuare a sostenere la Corea del Nord in seguito al tracollo politico ed economico che investirebbe il Paese in seguito alla morte di Kim Jong-il, che sempre secondo Chun agirebbe da detonatore per la definitiva implosione nordcoreana.

Secondo il vice ministro, l’economia nordcoreana sarebbe già collassata, mentre il fragile e bellicoso sistema politico interno andrebbe verso l’autodistruzione nel giro di due o tre anni dalla morte del Caro Leader. Il vice ministro sudcoreano si lascia andare anche a valutazioni abbastanza forti, come “la Cina ha molta meno influenza sulla Corea del Nord di quanto si creda” e infine tira le somme riportando che un “sofisticato” funzionario cinese – dal nome criptato nel documento rivelato da Wikileaks – sostiene che oramai la nuova generazione del Partito comunista cinese non riconosce più la Corea del Nord come uno strategico stato cuscinetto, e che sin dal 2006, data del primo test nucleare nordcoreano, l’idea di una riunificazione coreana sotto l’egida della Corea del Sud e “ancorata” ad un’alleanza “benigna” con gli Stati Uniti starebbe prendendo sempre più piede anche negli ambienti più conservatori del Partito. A patto, chiaramente, che la nuova Corea mantenga una politica amichevole nei confronti della Cina.

Un commento

Come dimostra la cronologia dei leaks, nel giro di due anni la politica imprevedibile e capricciosa di Kim Jong-il sembra abbia logorato i famigerati nervi saldi della nomenklatura cinese. La contrapposizione tra la vulgata ufficiale della propaganda nazionalista, che tratta sempre con un occhio di riguardo i cugini nordcoreani, e le frasi fuori dai denti pronunciate dal vice ministro degli Esteri He Yafei e dal misterioso funzionario sofisticato, ci dicono due cose: la Corea del Nord è sempre più sola ed isolata, una dittatura fantoccio a breve scadenza, e il vicinato sta già organizzandosi per il dopo-Caro leader.

La Cina, dietro la facciata aggressiva e protettiva che mostra al mondo quando sembra vengano toccati i propri interessi nella regione, intrattiene un fitto scambio di opinioni e potenziali scenari con la controparte americana, dimostrando una maturità e ragionevolezza geopolitica che solo ai meno attenti potrebbe risultare sorprendente.