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  • Martedì 23 novembre 2010

Le cinque migliori Tolleranza Zoro di sempre

Dalle rovine dell'Aquila alla nascita del Partito Democratico, passando per le elezioni e il racconto del PdL, il meglio scelto da Zoro e dal Post

Sono passati tre anni da quando Diego Bianchi, già protagonista di un suo culto grazie a quello che scriveva sul suo blog “La zeta di Zoro” ma soprattutto grazie ai suoi videocommenti dedicati al Grande Fratello e non solo, decise di dedicarsi alla ricostruzione della passione della sua vita: e raccontò la storia della sinistra italiana e del PCI in particolare, con le evoluzioni più attuali. Fu la prima puntata di una serie di video battezzata “Tolleranza Zoro” che diede poi al suo autore notorietà e popolarità nazionali e televisive, soprattutto con la svolta dell’arruolamento a “Parla con me”.

Al Post, dove siamo fans devoti, abbiamo selezionato per cultori e profani – in celebrazione di questi tre anni – le cinque migliori puntate di sempre di Tolleranza Zoro, anzi le quattro. La quinta l’abbiamo chiesta all’autore. Daje.

Luca Sofri
Sono andato a rileggere il post che scrissi il 26 settembre 2007 linkando il primo video della ormai immortale saga di Tolleranza Zoro, per ricordarmi qualcosa di come lo accolsi quando era ancora una sorpresa: ma era solo un post brevissimo di segnalazione, intitolato “Da dove veniamo”. Quindi ricorro alla memoria: lo accolsi ammazzandomi dal ridere. Lo riguardammo in redazione a Condor il giorno dopo tre o quattro volte. Andai avanti a dire «mett’aa kefia, lev’aa kefia» per giorni, e ormai lo uso come modo di dire per le cose che ripetono inutilmente: «mett’aa kefia, lev’aa kefia». Era geniale, ed era il primo: è come ricordarsi della prima canzone dei Genesis che hai sentito (“Many to many”, nel mio caso).

Francesco Costa
In questa puntata, pubblicata subito dopo le elezioni politiche del 2008, Zoro racconta il comizio conclusivo della campagna elettorale di Veltroni e legge, in quello che dovrebbe essere un giorno di festa, energia, speranza, gli indizi dell’imminente catastrofe. L’ho scelta perché dopo le elezioni sono sempre tutti molto bravi a ricostruire le ragioni delle sconfitte, che poi sono quelle ragioni che loro dicevano già prima del voto e non li ascoltava nessuno. Zoro è più bravo degli altri, anche in quello.


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Elena Favilli
Il blob del primo congresso del Partito della Libertà. Brunetta, Carfagna, Gelmini, La Russa, cori, delegati, gadget, Fini, finiani, banchetti, hostess, Berlusconi. La cavalcata dei magi, firmata Zoro.

Emanuele Menietti
«Eluana non è morta, Eluana è stata ammazzata» disse quello lì in Senato sbattendo il microfono. Ricordo perfettamente quel momento, erano quasi le nove di sera del 9 febbraio 2009 e nell’aula parlamentare si stava discutendo il disegno di legge in materia di idratazione e alimentazione, studiato apposta per il caso Englaro. Il giorno dopo Zoro raccontò la follia di quei giorni in cui molti, troppi, parlarono a vanvera strumentalizzando la vicenda di Eluana e il coraggio di Beppino, il padre della ragazza. Per una volta Zoro non commenta, non dice nulla, non scherza. Niente. Osserva allibito e tanto basta.

Zoro
Riuscire a raccontare cosa fosse L’Aquila un anno dopo, riuscire a far ridere, riuscire a far ridere di una storia così, erano tutte cose per niente facili. Agli aquilani è piaciuto, lo hanno proiettato in piazza Duomo, e ne parlano come di una cosa che ha spiegato ed è servita a qualcosa.