• Mondo
  • Venerdì 12 novembre 2010

La pena di Claude Jones

Claude Jones fu condannato sulla base di una singola prova, che ora sembra essere sbagliata

FILE - This June 29, 2010 file photo shows convicted murderer Claude Jones in family snapshots taken at Texas' death row visitors' room the day before he was was executed for capital murder in late 2000. A DNA test on a single strand of hair has cast doubt on the guilt of Jones who was executed for a liquor-store robbery and murder. (AP Photo/Pat Sullivan, File)
FILE - This June 29, 2010 file photo shows convicted murderer Claude Jones in family snapshots taken at Texas' death row visitors' room the day before he was was executed for capital murder in late 2000. A DNA test on a single strand of hair has cast doubt on the guilt of Jones who was executed for a liquor-store robbery and murder. (AP Photo/Pat Sullivan, File)

Uno degli argomenti più forti di chi si oppone alla pena di morte è quello degli errori giudiziari, ovvero della possibilità di eseguire condanne contro innocenti. Il caso più noto è sicuramente quello di Todd Willingham, condannato a morte da un tribunale del Texas nel 2004 tra fortissimi dubbi sulle prove a suo carico. Ieri il Texas Observer ha pubblicato un’inchiesta esclusiva su quello che sembra essere un nuovo errore irreversibile commesso da un tribunale dello stato texano: l’esecuzione di Claude Jones il 7 dicembre del 2000.

Claude Jones ha sempre detto che non era lui l’uomo che nel 1989 era entrato in un negozio di East Texas e aveva sparato al proprietario uccidendolo. La sua condanna si basava su una singola prova ritrovata sulla scena del crimine: una ciocca di capelli, che secondo i giudici apparteneva a Jones. Ma i test del DNA eseguiti questa settimana mostrano che quei capelli non appartenevano a Jones. Il giorno prima dell’esecuzione, Jones chiese una sospensione in modo che la ciocca potesse essere analizzata. L’autorizzazione gli fu negata dall’allora governatore del Texas George W. Bush. Dieci anni dopo, i nuovi risultati non solo minano la prova che ha inchiodato Jones ma fanno emergere la possibilità che il Texas abbia condannato a morte un uomo innocente. I risultati del test infatti – condotto da un laboratorio privato della Pensilvanya – dimostrano che i capelli in realtà appartenevano alla vittima della sparatoria, Allen Hilzendager, il proprietario del negozio che al tempo aveva 44 anni.

Dal momento che l’analisi del DNA non implica direttamente un altro omicida – continua il Texas Observer – i risultati non dimostrano l’innocenza di Jones, ma mettono in dubbio la veridicità dell’unica prova su cui è stato condannato. Quei capelli erano l’unico indizio che collegava Jones alla scena del crimine. «I risultati del DNA dimostrano che la prova su cui è stato costruito il suo intero caso era semplicemente sbagliata», ha detto Barry Scheck, co-fondantore di Innocence Project «analisi scientifiche sbagliate e una revisione del processo completamente inadeguata sono costate la vita a Claude Jones».

Jones aveva 60 anni quando fu ucciso il 7 dicembre del 2000. Il Texas Observer, insieme ad altre tre organizzazioni che lottano contro la pena di morte, è riuscito a ottenere la ciocca di capelli per effettuare le analisi dopo una battaglia di tre anni in tribunale. Il quotidiano scrive che questo tipo di tecnologia non esisteva ancora quando Jones fu condannato nel 1990, ma che era già in uso nel 2000: quando la data della sua esecuzione si stava avvicinando e quando la sua vita poteva ancora essere salvata.

I documenti del processo dimostrano che i giudici non si preoccuparono di informare l’allora governatore George Bush che una prova del DNA avrebbe potuto salvare la vita di Jones. Bush in passato aveva già fermato un’esecuzione proprio sulla base di nuove evidenze scientifiche, ma non sapendo che per Jones esisteva questa possibilità non si preoccupò di fermare l’esecuzione della sua condanna. «Sono sicuro che se Bush l’avesse saputo avrebbe consentito l’analisi», ha detto Scheck «e probabilmente Jones avrebbe avuto la possibilità di un nuovo processo».

Le rivelazioni su Jones sono state riprese nelle ultime ore da tutti i media statunitensi. I numeri sulla pena di morte negli Stati Uniti sono in calo negli ultimi anni, ma il cammino per l’abolizione è ancora molto lungo. Secondo l’ultimo rapporto diffuso da Amnesty International, soltanto nel 2009 negli Stati Uniti sono state “giustiziate” 52 persone ed emesse 123 condanne. La maggior parte delle esecuzioni avviene in una minoranza di stati, soprattutto in Texas e in Virginia, che insieme contano quasi la metà di tutte le condanne a morte eseguite negli USA dal 1977. Al momento gli stati in cui la pena di morte è stata abolita sono sedici: Alaska, Hawaii, Iowa, Maine, Massachusetts, Michigan, Minnesota, New York, Dakota del Nord, Rhode Island, Vermont, West Virginia, Wisconsin, New Jersey, New Mexico, Distretto di Columbia. In diversi altri stati proposte di legge abolizioniste sono attualmente in considerazione.

Nel 2009, nove uomini condannati a morte sono stati rilasciati perché innocenti, il secondo numero più alto da quando la pena di morte è stata reintrodotta nel paese (il numero più alto è 12 nel 2003). I nove uomini hanno trascorso un totale di 121 anni nel braccio della morte, dalla condanna fino alla loro liberazione. Secondo il Death Penalty Information Center, dal 1973 sono 139 le persone rilasciate perché innocenti.