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  • Venerdì 12 novembre 2010

Il traffico di organi in Kosovo

La polizia internazionale sta indagando su una presunta rete internazionale del traffico di esseri umani

Un procuratore dell’Unione Europea ha accusato sette persone di far parte di una rete internazionale impegnata nel traffico di organi, scrive l’Associated Press. Una copia della messa in stato d’accusa è stata recuperata dall’agenzia di stampa, e il documento rappresenta la più cruda dimostrazione dell’estensione della criminalità organizzata in Kosovo fin dalla sua indipendenza, nel 2008.

Nel documento, il procuratore Jonathan Ratel scrive che il gruppo criminale ha gestito un traffico di persone verso il Kosovo allo scopo di “rimuovere i loro organi per poi trapiantarli in altre persone”. L’inchiesta ha accertato che soltanto nel 2008 venti cittadini stranieri sono stati fatti entrare nel paese con false promesse. “Le vittime venivano reclutate in altri paesi e portate in Kosovo attraverso l’aeroporto di Pristina dietro la falsa promessa che avrebbero ricevuto un compenso in denaro in cambio della rimozione in un rene”. Le cifre arrivavano fino 14mila euro, mentre invece gli acquirenti dovevano sborsare tra gli 80mila e i 100mila euro. I paesi di provenienza delle vittime sarebbero Moldavia, Kazakistan, Russia e Turchia: tutte vivevano in condizioni di estrema povertà o difficoltà economica.

Cinque kosovari, tra cui un ex funzionario del ministero della sanità, sono stati accusati di traffico di esseri umani, esercizio abusivo dell’attività medica e abuso di potere. Nessuno di questi si trova in custodia cautelare, per il momento. Due stranieri — il medico turco Yusuf Sonmez e il cittadino israeliano Moshe Harel — sono ricercati dall’Interpol. Sonmez è ricercato e indagato in diverse altre nazioni, tra cui la Turchia, per traffico di esseri umani e rimozione di organi. Secondo il documento dell’UE uno dei cinque kosovari, il chirurgo Lutfi Dervishi, “era il leader” dell’organizzazione, insieme a Sonmez e Harel. Dervishi avrebbe organizzato una conferenza a Istanbul nel 2006 chiedendo se qualcuno dei partecipanti fosse in grado di trapiantare degli organi, e venne contattato da Sonmez sei mesi dopo.

Dervishi e Sonmez avrebbero portato avanti le operazioni in una clinica privata di Pristina gestita dal figlio di Dervishi, Arban Dervishi, anche lui accusato di far parte della banda. Harel aveva il compito di “identificare, reclutare e trasportare le vittime”, e “assicurarsi che i pagamenti fossero stati eseguiti” prima degli interventi chirurgici. Sono indagati altri due medici, Sokol Hajdini e Driton Jilta.

La clinica privata è stata chiusa nel 2008 in seguito a una prima inchiesta sulla banda, sospettando che un uomo turco avesse venduto il suo rene. Tutte le persone coinvolte e fermate si dichiararono innocenti. Poco dopo, il quotidiano di Belgrado Blic accusò Dervishi di avere a che fare con i sospetti che l’Esercito di liberazione del Kosovo fosse dietro il rapimento e l’uccisione e di civili serbi allo scopo di espiantare i loro organi. Le accuse, che prendevano piede dal contenuto del libro di Carla Dal Ponte, ex procuratore delle Nazioni Unite per crimini di guerra, non furono poi confermate dalle inchieste.

Il documento di cui è venuta in possesso l’Associated Press non dice se le vittime hanno ricevuto o no un compenso. Alcuni funzionari dell’Unione Europea hanno confermato l’esistenza del provvedimento, dietro garanzia dell’anonimato, e hanno detto che i procuratori possono ancora aggiungere altri nomi alla lista dei sospetti membri dell’organizzazione. Una prima audizione dei sospetti dovrebbe tenersi entro la fine del mese.

(foto: Christianacare)