Muji e Uniqlo su iPad

Le due società giapponesi di abbigliamento e oggettistica si buttano sulle applicazioni per il tablet

di Antonio Dini

Muji, la catena di abbigliamento e oggettistica giapponese più nota in occidente, ha messo un piede nel mercato delle applicazioni per iPad. L’azienda che ha fatto di uno stile anonimo e minimale il suo business ha presentato ben tre applicazioni per il tablet di Apple: un’agenda gratuita (Calendar), un organizer per viaggi anche questo gratuito (Muji to Go) e un’applicazione per prendere appunti con la tastiera o le dita, questa a pagamento (Muji Notebook). Si tratta di software di buon livello, addirittura notevole per quanto riguarda il Notebook: quest’ultimo infatti offre la possibilità di inserire anche pdf e immagini, e annotarle convertendone poi la grafia in testo elettronico.

La decisione da parte di Muji di sbarcare su iPad fa parte di una più ampia strategia di rinnovamento del marchio. Ma non può mancare anche il sospetto che in realtà negli uffici della casa madre di Toshima (uno dei 23 quartieri di Tokyo) ci sia stata ammirazione unita a una punta di invidia per il lavoro fatto intanto da Uniqlo, l’altro grande marchio del retail per abbigliamento casual e sempre più per accessori e oggettistica.

Uniqlo è la principale sussidiaria di Fast Retailing, colosso giapponese della vendita al dettaglio, fondata nel 1963 da Tadashi Yanai. Dal 2005 (per la precisione esattamente dal primo novembre di cinque anni fa) Uniqlo è diventata una divisione autonoma e autogestita: integra verticalmente il design, la produzione e la vendita di abbigliamento a basso costo e alta qualità, che i suoi 30mila dipendenti vendono non solo nei 703 negozi giapponesi (99 solo a Tokyo) ma anche in Corea del Sud, Cina, Hong Kong, Taiwan, Singapore, Malaysia, Russia, ma anche Stati Uniti (un negozio a New York), Gran Bretagna (15 negozi, 14 nella sola Londra) e Francia (due negozi).

In soli cinque anni Uniqlo si è trasformato da marchio al risparmio in una collezione di capi d’abbigliamento ben riorganizzata, disegnata da stilisti internazionali, realizzata con materiali di qualità e con prezzi mantenuti sistematicamente bassi, cercando di cogliere le tendenze dell’abbigliamento giovanile ma senza tradire un’impostazione meno vistosa ed esibizionistica di marchi e loghi rispetto ai grandi marchi europei e statunitensi.

Durante la crisi finanziaria che ha scosso le economie del mondo, negli ultimi tre anni, Uniqlo ha fatto del suo fondatore Tadashi Yanai l’uomo più ricco del Giappone e il 76mo uomo più ricco al mondo, con un capitale personale che la rivista Forbes stima attorno ai 6 miliardi di dollari. E Uniqlo oggi è la prima catena retail di abbigliamento in Giappone, nonché una delle più grandi al mondo, con l’americana Gap, la spagnola Zara e la svedese H&M.

All’inizio del 2010 Uniqlo ha presentato una applicazione per iPhone e iPad: un semplice calendario gratuito che è stato accolto molto positivamente dagli utenti della piattaforma Apple. Il calendario divide in due lo spazio dello schermo: metà è dedicato a indicare l’ora e le previsioni del tempo di una zona a scelta del pianeta (altrimenti punta al quartiere di Shibuya, a Tokyo), collegandosi anche al calendario Google degli utenti, dall’altra mostrando una serie di video realizzati con la tecnica del Tilt and Shift e commentati da una colonna sonora realizzata da alcuni dei più noti deejay giapponesi.

Il Tilt and Shift è la tecnica di messa a fuoco che permette di trasformare immagini o riprese normali in scene in miniatura: la musica e l’effetto di accelerazione delle sequenze rende l’effetto notevole e ormai usato in molte creazioni fotografiche e video. Lavorano ai mix musicali gli artisti di FPMnet (www.fpmnet.com) come Rom Chiaki, Tetsuya Kumayama, Saigenji, Dj Yasa, Gen Tamura, Yasuaki Shimizu. L’effetto è ipnotico e straniante al tempo stesso, ma senza essere aggressivo.

A differenza di Uniqlo, Muji è un marchio più recente ma molto più internazionalizzato. Nato quasi esattamente trenta anni fa, a dicembre del 1980, come fornitore di 40 referenze per la sezione di oggettistica della catena di grandi magazzini giapponesi The Seiyu. Oggi vende più di settemila referenze, dai tavoli ai righelli, dalle sedie alle camice, dalle borse agli ombrelli. L’attività nel tempo si è espansa anche alla ristorazione (Café Muji), cibo preconfezionato, fiorai, arredamento, biciclette, addirittura attività immobiliari con un intero complesso abitativo in corso di realizzazione vicino a Tokyo.

Muji è attivo in Giappone con 212 negozi di proprietà e altri 127 a cui fornisce i prodotti, mentre è presente in una ventina di altri paesi, dalla Cina agli Usa, dalla Norvegia all’Italia (con 5 negozi).

La filosofia dell’azienda il cui nome per esteso (Mujirushi Ryōhin) in giapponese significa “beni di qualità senza marchio riconoscibile”, è quella di annullare la sua identità estetica nella funzione dell’oggetto. Come spiegano alcuni degli autori del volume celebrativo “Muji” appena pubblicato negli Usa dalla Rizzoli America, l’azienda vuole che i suoi clienti comprino un ombrello o un righello non per il suo marchio ma per la funzione e il design: ”In un mondo dominato dalla dominazione, questa idea è così unica, così non ortodossa, che il nostro linguaggio non ha ancora una parola per definirla”, dice uno dei designer altrimenti anonimi di Muji, Bruce Mau.