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  • Domenica 17 ottobre 2010

Le camicie rosse manifestano ancora in Thailandia

Diecimila persone si sono radunate ad Ayutthaya per chiedere la liberazione dei leader del movimento

Anti-government chant slogans as they gather Sunday, Oct. 10, 2010, in Bangkok. The Red Shirt demonstrators staged a peaceful protest at Democracy Monument lighting candles and singing songs in honor of fallen comrades.(AP Photo/David Longstreath)
Anti-government chant slogans as they gather Sunday, Oct. 10, 2010, in Bangkok. The Red Shirt demonstrators staged a peaceful protest at Democracy Monument lighting candles and singing songs in honor of fallen comrades.(AP Photo/David Longstreath)

Dopo la manifestazione del mese scorso, le camicie rosse thailandesi si sono radunate di nuovo per protestare contro il governo nella vecchia capitale del paese, Ayutthaya, a cinque mesi dagli scontri con le forze dell’ordine in cui sono morte 91 persone e altre 1.400 sono rimaste ferite. I manifestanti, secondo i testimoni circa 10mila, chiedono la liberazione dei leader arrestati ad aprile e maggio scorso. La protesta si è concentrata intorno a uno stadio ed è stata tenuta sotto controllo da centinaia di poliziotti.

«Oggi non abbiamo leader. Siamo venuti spontaneamente, il CRES non può arrestarci» ha detto uno dei manifestanti dal palco, riferendosi al Centro per la Risoluzione di Situazioni d’Emergenza che coordina l’operato delle forze di polizia che ha gestito le proteste di Bangkok.

I manifestanti chiedono che i responsabili delle uccisioni di aprile e maggio vengano processati e condannati, ma le autorità thailandesi considerano quegli scontri atti di terrorismo, e accusano le stesse camicie rosse di essere responsabili per quelle morti. A differenza di Ayutthaya, il governo considera Bangkok ancora sotto emergenza, dove sono quindi vietati i raduni di numeri consistenti di persone.

Gli analisti dicono che il ritorno delle camicie rosse e l’assenza di una guida potrebbero portare a nuovi scontri violenti. Il governo è preoccupato che all’interno del movimento possano nascere gruppi radicali intenzionati a creare disordini. Il Dipartimento per le Investigazioni Speciali, l’equivalente dell’FBI americano in Thailandia, ha dichiarato che undici uomini alleati con lle camicie rosse, arrestati e sotto protezione, hanno confessato l’esistenza di piani per assassinare diversi ministri del governo.

Le camicie rosse contestano la legittimità del premier Vejjajiva, salito al potere due anni dopo il colpo di stato del 2006 agevolato dalla monarchia e dai ceti ricchi del paese. Sostengono invece l’ex primo ministro Thaksin Shinawatra, alla guida del paese dal 2001 al 2006 e ancora un importante punto di riferimento per la politica tailandese. Gli attivisti hanno scelto di indossare camicie di colore rosso per distinguersi dagli oppositori dell’ex primo ministro (che quando era al potere venne criticato dalle associazioni dei diritti umani per la politica violenta nei confronti degli spacciatori di droga e fu protagonista di un forte conflitto d’interessi), che erano soliti condurre le loro marce di protesta con indumenti colorati di giallo.