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  • Martedì 12 ottobre 2010

Secondo la questura

In Italia, la storia delle polemiche sul reale numero dei partecipanti alle manifestazioni di piazza è diventata un teatrino al quale non è possibile sottrarsi

Demonstrators in the streets for a protest march in Paris Tuesday Oct. 12, 2010. Workers tried to shut down France on with strikes affecting airports, public transportation, schools and the postal service in a showdown with President Nicolas Sarkozy over his government's attempt to raise the retirement age by two years to save money. (AP Photo/Christophe Ena)
Demonstrators in the streets for a protest march in Paris Tuesday Oct. 12, 2010. Workers tried to shut down France on with strikes affecting airports, public transportation, schools and the postal service in a showdown with President Nicolas Sarkozy over his government's attempt to raise the retirement age by two years to save money. (AP Photo/Christophe Ena)

La storia si ripropone ogni volta che c’è da quantificare la partecipazione a una manifestazione, ed è talmente vecchia che la formula “secondo la questura” ha scavalcato il confine della cronaca politica ed è entrata nel lessico quotidiano, utilizzata tutte le volte che si vuole alludere all’azione di minimizzare qualcosa per la quale invece si rivendicano superiori attenzioni.

Di fatto in Italia nel recente passato non si ha memoria di casi in cui gli organizzatori di una manifestazione si siano sottratti a questo genere di teatrino. Il numero dei partecipanti viene gonfiato a dismisura e annunciato sul palco con grande enfasi, per fomentare l’entusiasmo dei partecipanti – siamo un milione! siamo due milioni! – anche a costo di sparare cifre completamente fuori dalla realtà. Qualche esempio recente. Nel 2002 la CGIL disse di aver portato in piazza tre milioni di persone – a Roma, al Circo Massimo – a protestare contro la proposta abolizione dell’articolo 18.

Tanti, un sacco. Nel 2001 lo stesso posto era gremito per i festeggiamenti in occasione dello scudetto della Roma: gli organizzatori dissero che avevano partecipato un milione di persone. Ma era lo stesso posto, pieno più o meno allo stesso modo.

Due anni fa, il PD disse di aver portato al Circo Massimo due milioni e mezzo di persone.

Ora, non si scappa: se quelli della CGIL erano tre milioni, quelli che hanno festeggiato lo scudetto della Roma dovevano lasciare il Circo Massimo vuoto per oltre due terzi. Non regge. Di esempi ce ne sono molti altri. Prendiamo un altro noto teatro di manifestazioni politiche italiane, sempre a Roma: piazza San Giovanni. Nel 2006 Forza Italia, AN e Lega organizzarono una manifestazione contro Prodi, e dissero di essere “due milioni”: il doppio di quelli che riempirono il Circo Massimo per lo scudetto della Roma, e chiunque abbia visto con i suoi occhi i due posti sa che non è possibile. Un milione anche per il Family Day del 2007. “Oltre un milione” per il Popolo viola nel 2009, un milione per il PdL nel 2010. Una rincorsa a chi offre di più, probabilmente destinata ad andare avanti finché qualcuno non la dirà troppo grossa (sei milioni!). Ma non è già questa, abbastanza grossa? Sostenere di aver fatto entrare a piazza San Giovanni undici o dodici volte la gente che entra dentro lo stadio Olimpico?

Comunque, poi c’è la questura. Al Circo Massimo non ci si sta in più di trecento mila, secondo la questura. A San Giovanni non si va oltre i duecento mila. La verità sta nel mezzo, potrebbe dire qualcuno: non tanto, visto che il metodo della questura, per quanto approssimativo, è scientifico. L’argomento fu ben affrontato qualche tempo fa da Filippo Ceccarelli su Repubblica. Oggi lo descrive Libération, che in occasione delle odierne manifestazioni in Francia spiega come viene effettuato il conteggio dei partecipanti alle manifestazioni in Europa e negli Stati Uniti.

In Italia, le cifre sono ottenute moltiplicando la superficie di un luogo in metri quadrati per due o quattro in base alla stagione e alla concentrazione. Spiegazione: si contano circa quattro persone per metro quadrato in estate durante manifestazioni ad alta concentrazione, mentre invece se ne contano due per metro quadro – il minimo – in inverno (quando gli abiti sono più spessi) durante manifestazioni non troppo affollate.

In Germania la polizia fa una stima del numero delle persone che possono essere contenute in una piazza o una strada, ed effettua parallelamente un conto reale dei manifestanti, in un luogo preciso, in un momento indicato come T. Poi gli organizzatori forniscono le loro cifre, cosa che non manca di provocare polemiche. Lo scorso week-end, un corteo a Monaco contro la politica nucleare della coalizione della Merkel ha radunato 25.000 persone secondo la polizia, mentre gli organizzatori ne hanno contati il doppio, ovvero 50.000. I media in genere comunicano entrambi i dati.

In Grecia, al contrario, la stampa pubblica le sue proprie stime. E anche se i numeri della polizia sono, come in Francia, sempre inferiori a quelle degli organizzatori, le cifre della prima finiscono quasi sempre per essere il dato di riferimento. I sindacati raramente comunicano i propri numeri sulle manifestazioni.

La Spagna non sembra ancora aver trovato una soluzione affidabile e definitiva. Le cifre suscitano ancora grandi conflitti e polemiche, al punto che alcuni media hanno finito per organizzarsi da soli. Da un anno, El País fa i suoi conti stimando la densità delle persone in diversi punti. L’agenzia EFE, invece, fa riferimento alla società Lynce che ha elaborato un sistema di conteggio basato su foto ad alta risoluzione e video, che vengono poi esaminati a computer. Lynce afferma di ottenere un conteggio effettivo, e non una stima.

I risultati di Lynce però, benché basati su criteri empirici, sono ben lontani dal mettere tutti d’accordo: alla manifestazione del 29 settembre in occasione dello sciopero generale, ad esempio, Lynce ha contato a Madrid 17.228 manifestanti, la polizia ne ha contati 40.000, El País 95.000 e i sindacati 500.000.

Negli Stati Uniti i conteggi vengono fatti dalla polizia, a volte dalla CIA, dai media, da quelli che appoggiano o sono contrari alle manifestazioni. Generalmente le autorità si rifanno a delle foto aeree della folla per valutare la sua densità e concentrazione.

Giusto per avere idea di come in Italia si sia passato il segno: la foto sotto mostra la folla che ha assistito al giuramento da presidente di Barack Obama, il 20 gennaio 2009. È una folla incredibile, disposta su una superficie lunghissima: e non sono più di ottocento mila.

Anche in Gran Bretagna non c’è ancora un sistema che consenta un conteggio univoco e credibile. A Londra, la manifestazione di giugno contro l’attacco israeliano alla flotta di attivisti diretta a Gaza aveva raccolto 20 mila persone secondo gli organizzatori, due mila per la polizia. I numeri delle manifestazioni però non sono oggetto di interesse dappertutto:

In Belgio le stime degli organizzatori sono quasi sistematicamente il doppio di quelle della polizia. Nonostante ciò, queste cifre hanno molta meno importanza che altrove,«non mi ricordo di un caso in cui siano servite come argomento politico» afferma un giornalista di La Libre Belgique. «La polizia non comunica i dati di propria iniziativa. Non ci si focalizza su quello, non è nella nostra cultura il conteggio sistematico» spiega Ricardo Gutierrez di Le Soir «anche perché in un paese così piccolo, se diciamo che i partecipanti ad una manifestazione erano “migliaia” è già molto significativo».