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  • Mercoledì 6 ottobre 2010

La legge sulla fecondazione torna alla Consulta

Il tribunale di Firenze ha sollevato il dubbio di costituzionalità sulla norma che non consente la fecondazione eterologa

La prima sezione del Tribunale di Firenze ha sollevato il dubbio di costituzionalità sulla norma della legge 40 sulla fecondazione artificiale con la quale si vieta alle coppie sterili di accedere alla donazione di ovuli o seme da persone esterne alla coppia.

La notizia è stata data dagli avvocati Filomena Gallo e Gianni Baldini, che assistono i coniugi che avevano presentato la richiesta di fecondazione eterologa. La coppia, dopo essere stata in cura in Svizzera e in altri centri stranieri, aveva chiesto assistenza legale all’associazione Luca Coscioni con l’obiettivo di poter effettuare le cure in Italia. Il giudice fiorentino ha accolto l’istanza degli avvocati che sollevavano rilievi di «manifesta irragionevolezza del divieto assoluto di Pma eterologa per l’evidente sproporzione mezzi-fini» e di «illegittima intromissione del legislatore in aspetti intimi e personali della vita privata».

La coppia aveva chiesto aiuto dopo aver appreso del caso dell’Austria che era stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per il divieto sulla eterologa. «Abbiamo deciso di raccogliere questa sfida – ha detto l’avvocato Gallo – nonostante fosse la più difficile tra tutte quelle necessarie a far riscrivere la legge 40 perché ci sembrava che i tempi ormai fossero maturi e che si stesse creando una sensibilità finalmente europea a questo problema come dimostra anche il Nobel dato a Stoccolma a Edwards, che riconosce come questa medicina raccolga in realtà istanze e aspirazioni profondamente umane».

È  la seconda volta che la controversa legge italiana sulla fecondazione viene rinviata alla Consulta. Nell’aprile del 2009 la Corte costituzionale si pronunciò sulla legge 40 dichiarando incostituzionali alcuni passaggi della normativa e dei suoi regolamenti applicativi, come il divieto di effettuare le diagnosi preimpianto e il limite di «un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore ai tre embrioni». Il pronunciamento della Corte ha semplificato, almeno in parte, il percorso per le coppie impossibilitate ad avere un figlio a causa della sterilità o di gravi patologie genetiche ereditarie. In Toscana, per esempio, una donna ha potuto fare una diagnosi preimpianto (PGD) per superare l’ostacolo di una malattia ereditaria che porta alla morte dei figli maschi entro il loro primo mese di vita.