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  • Lunedì 27 settembre 2010

Il nuovo ordine mondiale

Newsweek ha provato a ridisegnare il mondo guardando meno ai confini territoriali e più alle somiglianze economiche e culturali

Sia mai che qualcuno possa pensare il contrario anche solo per un attimo: questo articolo non parla di alcuna strampalata teoria del complotto. Parla invece di quello che dice il titolo: di un nuovo ordine mondiale, senza maiuscole. Del fatto che per secoli abbiamo usato confini territoriali per descrivere le differenze politiche tra una parte del mondo e un’altra, e abbiamo chiamato queste parti nazioni, stati.

La globalizzazione ha reso obsoleto questo sistema, esponendolo a distorsioni e anomalie: dallo sviluppo delle multinazionali alla diffusione di internet, la vita su questo pianeta è oggi organizzata in un modo che per determinate cose trascende dai confini in vigore, sorpassandoli, cancellandoli o creandone di nuovi e diversi. “Dove una volta i confini erano definiti dalla diplomazia”; scrive Newsweek, “oggi sono la storia, l’etnia, la religione, la cultura a dividere l’umanità in nuovi e trasversali insiemi”. Sono insiemi tribali, in qualche modo: e non è una novità che esista questo tipo di connessioni tra popoli appartenenti a paesi diversi, ma è vero che la globalizzazione ha aumentato enormemente il loro impatto e la loro forza.

Il concetto di Terzo mondo, per esempio, già adesso non ha più senso: Cina e India non ne fanno più parte, la crescita economica dell’Africa è già esplosa. Il Brasile, per fare un altro esempio, oggi somiglia molto più alla Russia che all’Argentina. I confini del mondo sono cambiati: probabilmente rimarranno differenze teoriche e non concrete, ma sono differenze che contano moltissimo. Newsweek allora ha provato a disegnarlo, questo nuovo ordine mondiale, individuando degli insiemi: nazioni assimilate l’una all’altra per via della loro affinità e del loro possibile futuro, e non della loro storia millenaria. Noi abbiamo selezionato quelli più interessanti.

Nuova Lega Anseatica
Danimarca, Finlandia, Germania, Olanda, Norvegia, Svezia
Nel tredicesimo secolo, un’alleanza di città nordeuropee si diede il nome di Lega Anseatica e fondò una civiltà comune e prospera basandosi essenzialmente sul commercio. I paesi che oggi farebbero parte di un simile insieme hanno radici germaniche e hanno trovato un posto nel mondo grazie al commercio di beni di alta qualità verso nazioni sviluppate quanto loro. Ammirate per i loro moderni e generosi sistemi di welfare, sono paesi che hanno liberalizzato la loro economia in un passato relativamente recente: ottima prosperità, grandi risparmi da parte dei loro cittadini, notevoli livelli di occupazione, istruzione e innovazione tecnologica.

Le Repubbliche delle Olive
Bulgaria, Croazia, Grecia, Italia, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Portogallo, Slovenia, Spagna
Si trovano alle spalle dei loro omologhi settentrionali su praticamente qualsiasi indicatore: il tasso di povertà mediamente è doppio, l’occupazione è più bassa del dieci o del venti per cento. Il loro debito pubblico è ingente, il loro tasso di natalità è bassissimo.

Le Città-stato
Londra – Centrale per quel che riguarda la finanza e i media, è una città di prima classe in un paese di seconda classe.
Parigi – Produce da sola un quarto del prodotto interno lordo francese. Non è importante quanto Londra, ma è una città talmente bella che avrà sempre un posto di rilievo.
Singapore – In un mondo in cui l’Asia guadagna peso e influenza ogni giorno che passa, la sua posizione intermedia tra oceano Pacifico e oceano Indiano è praticamente la migliore del mondo. Il suo porto è uno dei migliori al mondo, il livello di istruzione galoppa.
Tel Aviv – Se Israele è uno stato nazionalista e dalla forte impronta religiosa, Tel Aviv è una città secolarizzata con un’economia moderna e vivace. Il suo reddito pro capite è la metà più alto della media del paese, ospita una numerosa comunità omosessuale ed è la casa di quattro delle nove persone più ricche del paese.

L’Alleanza nordamericana
Canada, Stati Uniti
Sono l’uno il miglior partner commerciale dell’altro, e da sempre le sorti delle loro economie e delle loro culture vanno di pari passo. Molti hanno previsto il loro inesorabile declino, per il futuro, ma Newsweek dice che si sbagliano. Il nord America ha un sacco di grandi e ricche città, prima fra tutte New York. La più grande economia del settore hi-tech, la più vasta produzione agricola, quattro volte i bacini idrici di Europa o Asia.

Repubbliche bolivariane
Argentina, Bolivia, Cuba, Ecuador, Nicaragua, Venezuela
Guidati dal Venezuela di Chávez, sono i paesi latinoamericani i cui governi stanno tornando pericolosamente a oscillare dalla parte della dittatura seguendo un modello peronista, con la sua storica antipatia nei confronti degli Stati Uniti e del capitalismo. Sono stati ricchi di risorse naturali, i cui cittadini sono poverissimi: prede ideali per l’influenza di paesi come la Cina o la Russia.

Indipendenti
Brasile – È la più grande economia del Sudamerica e si trova a metà del guado tra le Repubbliche bolivariane e gli stati più liberali. Le sue risorse naturali sono all’altezza di quelle delle maggiori potenze mondiali ma rimangono grossi problemi sociali: criminalità diffusa, povertà, malattie. Da qualche tempo la sua diplomazia guarda più verso la Cina e l’Iran che verso gli Stati Uniti.
Francia – Era e rimarrà un posto culturalmente molto avanzato che cercherà di resistere all’influenza della cultura angloamericana e all’ascesa dell’Unione Europea. Non è più una grande potenza: è più vicina alle Repubbliche delle Olive che alla Lega Anseatica.
Grande India – L’economia dell’India cresce a una velocità spaventosa, ma le sue entrate rimangono un terzo di quelle della Cina. Un quarto della sua popolazione vive in povertà, in città che diventano sempre più grandi e sempre meno efficienti. Per “grande India” non si intende solo l’India bensì l’intera area che ricade sotto la sua influenza.
Giappone – Le sue risorse finanziarie e il suo talento ingegneristico ne fanno ancora una grande potenza, per quanto sia stata sorpassata dalla Cina. È successo anche per la sua resistenza all’immigrazione, che ha impedito di arrestare il repentino invecchiamento della sua popolazione. E il suo storico predominio nel mercato tecnologico è ostacolato ogni giorno di più dalla Corea del Sud, dalla Cina, dall’India e dagli Stati Uniti.
Corea del Sud – È diventata una vera potenza tecnologica. Quarant’anni fa il suo prodotto interno lordo si poteva paragonare a quello del Ghana: oggi è quindici volte più grande. Ha reagito benissimo alla recessione globale ma deve stare attento a non farsi trascinare dentro l’area influenza cinese.
Svizzera – Di fatto è una città stato, efficiente e ben collegata al resto del mondo. Si gode una certa ricchezza e ampie riserve idriche, e rimane un posto in cui fare ottimi affari.

L’Impero russo
Armenia, Bielorussia, Moldavia, Russia, Ucraina
La Russia ha risorse naturali gigantesche, una considerevole comunità scientifico-tecnologica e un esercito molto potente. Esercita la sua influenza soprattutto su Ucraina, Georgia e Asia centrale. Come ai tempi degli zar, il nuovo impero russo si basa sul forte legame con l’etnia russa e con le sue comunità, che coincide con i quattro quinti della sua popolazione. Il suo reddito familiare è ancora piuttosto basso – in media la metà di quello italiano – e la sua popolazione sta invecchiando con una certa rapidità.

Iranistan
Bahrein, Gaza, Iran, Iraq, Libano, Siria
L’Iran ha petrolio in abbondanza, un livello di istruzione relativamente alto, un’economia grande più o meno quanto quella turca: eppure la sua influenza è piuttosto limitata, soprattutto a causa dell’ideologia estremista del suo governo che si scontra non solo con le nazioni occidentali ma anche con quelle della Grande Arabia (ci arriviamo). Inoltre l’economia è gestita malmente, e oggi l’Iran dipende moltissimo dalle esportazioni per quel che riguarda i beni di consumo, la tecnologia e persino il petrolio raffinato.

Grande Arabia
Egitto, Giordania, Kuwait, Cisgiordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Yemen
Saranno un giocatore chiave sia sul piano politico che su quello finanziario, per quanto tra gli stati del Golfo persico e gli altri ci siano ancora grandi differenze. Abu Dhabi ha un reddito pro capite di 40 mila dollari, lo Yemen nemmeno il cinque per cento di quella cifra. Però esiste un forte legame culturale e religioso: sono paesi che si trovano benissimo tra loro, e molto meno bene col resto del mondo.

Il Regno di Mezzo
Cina, Hong Kong, Taiwan
Passerà ancora diverso tempo prima che l’economia della Cina possa superare quella statunitense, ma di certo non ci sono altri paesi che crescono al suo ritmo. Inoltre il novanta per cento dei suoi abitanti condivide la stessa etnia, facendo dei cinesi il gruppo etnico-culturale più grande del pianeta: questo implica una coesione nazionale naturale, che rafforza il paese e lo rende meno penetrabile dalle imprese straniere. Ha sempre più fame di risorse naturali e per questo sta allargando la sua influenza in Africa e nelle Repubbliche bolivariane. Ovviamente ha anche un sacco di problemi: un regime profondamente autoritario, il crescente divario tra ricchi e poveri e un’ambiente quasi del tutto compromesso. La sua popolazione sta invecchiando rapidamente: da qui ai prossimi trent’anni, potrebbe diventare il problema più grosso.

(illustrazione di Brian Christie per Newsweek)