• Italia
  • Sabato 11 settembre 2010

La versione di Arcangelo Martino

Martino aveva definito "poesie, fantasie" le accuse alla ghenga Carboni

I giornali di oggi raccontano il contenuto di un nuovo interrogatorio di Arcangelo Martino, uno dei componenti della ghenga di Flavio Carboni, delle sue ammissioni e dei dettagliati racconti che starebbe fornendo agli inquirenti, proprio lui che nel primo interrogatorio aveva respinto ogni accusa definendo “poesie, fantasie” il contenuto delle intercettazioni.

Il tempismo delle rivelazioni è singolare e va registrato: il contenuto dell’interrogatorio di Martino arriva sui quotidiani – uscito da qualche procura – il giorno dopo la notizia dell’annullamento della custodia cautelare da parte della Corte di Cassazione verso i tre della ghenga e le voci sull’inutilizzabilità di quelle intercettazioni nelle indagini. Allo stesso modo, però, va registrato il contenuto di questo interrogatorio, nel corso del quale Martino ha raccontato di come a casa di Denis Verdini i quattro discutessero dei temi su cui fare pressioni, dal lodo Alfano alla causa Mondadori, di come “Cesare” fosse effettivamente Berlusconi (e Dell’Utri il “vice-Cesare”), di come si siano dati molto da fare nel 2007 per tentare di far cadere il governo Prodi togliendogli un paio di voti in Senato. Il tutto, però, descrivendosi come guidato e a tratti manipolato da Lombardi: minimizzando il suo ruolo.

Voleva diventare senatore
Così almeno ha detto agli inquirenti, spiegando che per questa ragione avrebbe conosciuto Carboni e Lombardo, dediti all’organizzazione di convegni con “numerosi alti magistrati”. Martino ne finanzia alcuni, versando circa 40 mila euro, compreso il costo dell’aereo privato per portare e riportare Bassolino da Napoli e Formigoni da Milano. Il principale socio in questo era Lombardi, che Martino definisce “intrallazzatore”, che si vantava spesso dei risultati che otteneva grazie alle sue conoscenze nella magistratura.

I pranzi
Lombardi pranzava ogni mercoledì in un determinato ristorante, dove Martino racconta di aver visto anche i giudici Martone e Gargani, il sottosegretario alla giustizia Caliendo, il capo dell’ispettorato del ministero della giustizia Miller, il deputato Renzo Lusetti, ex PD oggi UdC, attraverso il quale Lombardi “cercava informazioni e possibilità di intervento anche a sinistra”.

Verdini
Arcangelo Martino racconta di almeno tre riunioni a casa di Denis Verdini. La prima nel settembre del 2009, prima della quale lui, Carboni e Lombardi dovettero aspettare sul portone perché Verdini era impegnato col presidente della Sardegna Cappellacci.

Dopo un po’ entrò Carboni, dieci minuti più tardi lui e Lombardi. Videro anche Dell’Utri. Carboni disse a Martino e Lombardi che Cappellacci era «un uomo suo», perché lui l’aveva aiutato a farlo eleggere. Poi spiegò a tutti la convenienza economica degli investimenti per l’energia eolica in Sardegna; Martino capì – riferisce ai pm – che Verdini era «direttamente interessato» all’iniziativa e Dell’Utri d’accordo ad appoggiare l’iniziativa.

Alla seconda riunione parteciparono anche Lusetti e la deputata PdL Nunzia Di Girolamo.

Si parlò di Lodo Alfano e di Mondadori, riferisce, e Lombardi spiegò che la norma blocca-processi in favore di Silvio Berlusconi si poteva salvare nel giudizio davanti alla Corte costituzionale, mentre per la causa tra da 450 milioni tra la Mondadori e lo Stato bisognava muoversi in Cassazione. Secondo Martino, verso la fine del pranzo Lombardi si allontanò dicendo che andava proprio in Cassazione per parlare col presidente Carbone e il procuratore generale Esposito; tornò poco dopo, annunciando l’ipotesi di un rinvio della causa e l’assegnazione alle Sezioni unite.

Nella terza riunione, a casa di Verdini, Lombardi sostenne di aver consultato vari giudici per sapere come si sarebbe orientata la Corte sul lodo Alfano, e disse che questa avrebbe deliberato a favore di Berlusconi.

Ad ascoltare c’erano Carboni, Verdini, Dell’Utri, Miller, Martone e Caliendo. Dell’Utri si mostrò scettico, mentre Carboni era felice, al pari di Verdini.

La compravendita dei senatori
Vi ricorderete tutta la storia del dossier con le accuse a Caldoro per fermare la sua candidatura in regione e dell’Ernesto Sica protagonista e regista dell’intera operazione. Sica è uno che straparlava della sua conoscenza con Berlusconi, che raccontava di aver dormito più volte a Palazzo Grazioli e di esserne stato “allontanato” da Bondi e Bonaiuti per via di una crisi di gelosia. Quindi insomma, le cose che raccontava per vantarsi con amici e conoscenti andrebbero molto prese con le molle. Detto questo, Martino racconta che Sica diceva di essersi dato molto da fare per far cadere il governo Prodi, convincendo alcuni senatori di centrosinistra a cambiare schieramento.

Martino ricorda i nomi del napoletano Giuseppe Scalera (eletto con l’Ulivo, poi passato al gruppo misto e oggi deputato del Pdl) e di Giulio Andreotti; per Scalera sostiene che Sica gli fece vedere dei fogli sui quali, diceva lui, erano annotati i versamenti bancari.

Gli arresti domiciliari
In virtù di questi racconti, Martino aveva chiesto gli arresti domiciliari. I pubblici ministeri avevano dato parere favorevole, ma il giudice delle indagini preliminari ha respinto la richiesta, non convinto della volontà di collaborare di Martino e quindi del fatto che non sussista più il rischio che una volta agli arresti domiciliari possa inquinare le prove.