Salvarsi con un salto nel vuoto

Un ortopedico ha inventato una carrucola per abbandonare i grattacieli in caso di emergenza - dalla finestra

L’11 settembre del 2001, Kevin Stone accese il televisore quindici minuti dopo l’impatto del primo aereo contro la Torre Nord del World Trade Center. Come milioni di altri statunitensi, il chirurgo ortopedico con il pallino per le invenzioni osservò per ore le immagini degli attacchi terroristici contro Manhattan, provando orrore e pietà per le decine di persone intrappolate nelle due torri che decisero di lanciarsi nel vuoto per sfuggire alle fiamme e porre fine alla loro esistenza.

Non stavano scegliendo se saltare – scrive Stone su Newsweek – ma stavano scegliendo come morire: non a causa del fumo e delle fiamme ma per una caduta lunga 300 metri. Non c’era, ovviamente, scelta. Non c’era altro modo per scendere. In quei momenti, il mio shock nel vedere le Torri Gemelle bruciare è stato rimpiazzato dalla rabbia nel vedere quelle persone cadere. Cadevano a coppie o da sole, da ogni parte degli edifici mentre gli elicotteri della polizia sorvolavano l’area senza poter fare nulla. Più di duecento persone sono morte così, secondo una stima di USA Today.

Mentre seguiva le notizie in televisione, Stone iniziò a pensare a un nuovo sistema per assicurare una via di emergenza a chi deve fuggire da un grattacielo. Dopo più di un anno di ricerche, nel 2003 l’ortopedico decise di contattare la società di progettisti Think2Build per creare un dispositivo di sicurezza facile da usare, anche in condizioni di panico e senza un addestramento preventivo. Esclusi paracadute, scivoli e ascensori esterni, il gruppo di sviluppo si è concentrato su un sistema simile a quello utilizzato nei verricelli per la pesca. Un primo prototipo costituito da un paio di bobine, una specie di carrucola, e una imbracatura di sicurezza fu pronto in poco tempo e venne sperimentato con pesi e manichini dal tetto della palazzina di quattro piani che ospita il centro medico dove lavora Stone.

Dopo sei anni di lavoro e un investimento pari a un milione di dollari, il Rescue Reel era infine pronto. Il dispositivo pesa meno di nove chili nella versione per palazzi da cento piani, può essere contenuto in un armadietto e richiede tre soli passaggi per essere utilizzato: si sistema il gancio di sicurezza in un punto sicuro, come lo stipite di una porta, si infila l’imbracatura e poi ci si lascia cadere dalla finestra. La bobina che contiene la corda è frenata automaticamente e assicura una discesa pari a due metri al secondo. Per arrivare a terra dai piani più alti delle Torri Gemelle con Rescue Reel ci sarebbero dunque voluti circa quattro minuti.

Il dispositivo è pronto, ma mancano ancora le società interessate a metterlo in produzione e distribuzione. Stone ha avviato diversi contatti e raccolto l’interesse di alcune aziende private e dell’esercito, che potrebbe utilizzare il sistema sugli elicotteri per i recuperi d’emergenza.

L’ortopedico spera che i proprietari dei grandi edifici si facciano avanti, dimostrando il loro interesse per la carrucola di emergenza.

Un giorno, penso che i Rescue Reel saranno comuni quanto gli estintori, le uscite di sicurezza e i sistemi antincendio, tutte cose che all’inizio furono accompagnate da molto scetticismo. Anche se le leggi sui palazzi non saranno riviste per rendere obbligatori il nuovo sistema, i responsabili degli edifici li adotteranno (specialmente nei luoghi a rischio sismico come la California) quando vedranno che funzionano e che i loro concorrenti li usano.

Anche se l’idea sembra essere promettente, alcuni detrattori ritengono che l’invenzione di Stone potrà fare poco per risolvere le situazioni di emergenza nei grattacieli. Il dispositivo può essere utilizzato una sola volta, dunque ne servirebbero un buon numero per mettere in salvo quanta più gente possibile. Un altro problema è dato dai costi: un Rescue Reel al momento costa 1.500 dollari. Stone confida di poter abbassare il prezzo, ma perché questo avvenga occorrerà trovare una società disponibile ad avviare la produzione di un alto numero di dispositivi.