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  • Mercoledì 25 agosto 2010

Sulla rotta di Tirrenia c’è Moby Lines

La società ha nuovamente manifestato interesse per la compagnia che rischia il fallimento, ma resta il nodo sciopero

Sembra essere infinita la storia di Tirrenia, la compagnia di navigazione italiana controllata dal Ministero dell’economia che combatte da anni contro i debiti e sopravvive grazie ai finanziamento dello Stato. Lo scorso 12 agosto per la società è stato dichiarato lo stato di insolvenza da parte del tribunale fallimentare di Roma, una tappa inevitabile per far scattare la fase di amministrazione straordinaria della compagnia. Governo e amministratore straordinario avevano confermato di non voler suddividere le varie attività della società di navigazione e di essere alla ricerca della miglior soluzione per privatizzare Tirrenia.

Inizialmente sembrava che Mediterranea Holding, società il cui socio di maggioranza relativa è la Regione Sicilia, potesse essere il compratore ideale per la compagnia di navigazione, ma nella prima settimana di agosto Mediterranea aveva deciso di tirarsi indietro portando Tirrenia sull’orlo del commissariamento. Nelle ultime ore la compagnia Moby Lines ha invece mostrato nuovamente il proprio interesse per avviare una trattativa con lo Stato per l’acquisto di Tirrenia. Il presidente di Moby Lines, Vincenzo Onorato, ha confermato la volontà di acquisire la compagnia di navigazione come riporta oggi Repubblica:

«Nei prossimi giorni, comunque, manifesterò al commissario D’Andrea la mia volontà di acquisire Tirrenia. Non vedo problemi né per l’occupazione, né per gli stipendi. Sulle tratte fuori convenzione, come la Genova – Porto Torres e la Civitavecchia – Olbia i marittimi Tirrenia hanno un salario inferiore del 30% rispetto a quello Moby. Il mio primo atto sarà assicurare una giusta integrazione salariale.»

Sulla sua rotta verso l’acquisizione della società, Onorato potrebbe però ritrovarsi Mediterranea Holding. La società partecipata dalla Regione Sicilia intende rifarsi sotto con una nuova offerta non solo per Tirrenia, ma anche per la sua controllata siciliana Siremar. Per il 31 agosto è stata convocata un’assemblea per deliberare un aumento di capitale che dovrebbe consentire alla società di fare una nuova offerta.

Intanto, per il 30 e il 31 agosto continua il confronto tra il governo e i sindacati, che hanno annunciato uno sciopero. Il ministro dei trasporti, Altero Matteoli, ha chiesto un rinvio dell’agitazione degli impiegati di Tirrenia in vista del nuovo tavolo per le trattative previsto per il prossimo 6 settembre. La UIL Trasporti, il sindacato che aveva annunciato per primo lo sciopero, al momento non sembra essere intenzionata a sospendere l’agitazione o a cambiare le date. Lo sciopero potrebbe avere serie conseguenze per i numerosi turisti e viaggiatori di ritorno dalla vacanze che dovrebbero prendere un traghetto a fine agosto, spiega Mario Tullo (PD):

«Ci sono già 17mila passeggeri prenotati sulle navi della Tirrenia per quei due giorni sulle rotte principali. E a questi bisogna aggiungere chi si imbraca per le isole minori della Sicilia. Ci risultano già migliaia di disdette a causa degli scioperi. L’atteggiamento che il governo sta seguendo sulla vicenda è davvero inaccettabile, avvolto nel silenzio e nel mistero.»

In realtà, Matteoli confida di poter sistemare la vicenda nella prima settimana di settembre offrendo qualcosa di concreto per salvare Tirrenia. Le principali speranze sono riposte in Mediterranea Holding e Moby Lines che hanno manifestato il loro interesse nelle ultime ore per l’acquisizione della società. Il Corriere della Sera ipotizza che per Tirrenia si possa anche procedere alla creazione di una “bad company” simile a quella che venne creata per salvare Alitalia. L’idea sembra sia di Stefano Saglia, sottosegretario allo sviluppo economico, ma Matteoli fino a ora ha detto di non saperne nulla.

Tirrenia è in pessime condizioni da anni. Tra il 2000 e il 2007 la compagnia di navigazione è costata ai contribuenti italiani almeno un miliardo e mezzo di euro. Negli ultimi anni, la società ha avuto mediamente perdite annuali pari a 200 milioni di euro ed è sopravvissuta grazie agli aiuti di Stato, attirando multe e sanzioni da parte dell’Unione Europea. La flotta ha un valore complessivo di 855 milioni di euro con ipoteche bancarie per 245 e conta 44 imbarcazioni.