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  • Mercoledì 25 agosto 2010

Il debito in Comune

Secondo la Corte dei conti, nel 2008 i comuni in disavanzo erano più di 220. Torino, Milano e Roma sono ai primi posti

Il debito dello Stato quest’anno raggiungerà il 118,4% del prodotto interno lordo, ma anche quello dei Comuni non scherza stando a quanto racconta oggi Sergio Rizzo sulle pagine del Corriere della Sera sulla base dei dati della Corte dei conti. Nel 2008 i debiti municipali ammontavano a 62 miliardi di euro, cifra dalla quale era escluso il Comune di Roma a causa del suo debito esorbitante che aveva spinto il governo a separare la situazione pregressa da quella della gestione ordinaria. Se si conta anche il Campidoglio, la cifra supera i 70 miliardi di euro e dunque arriva al 120% delle entrate correnti. In pratica su ogni cittadino italiano grava un debito per i Comuni di 1.100 euro.

Se si considera un Comune alla stessa stregua di un’impresa e si paragona il suo bilancio ai conti aziendali, si scopre che il costo di questo debito è ben superiore al risultato economico: è pari, esattamente, al 108% dell’avanzo delle amministrazioni, cioè degli «utili» al netto degli interessi. Questo significa che molti enti locali devono fare letteralmente i salti mortali per far fronte agli impegni finanziari. E non tutti ci riescono. Nel 2008 i Comuni che si sono trovati tecnicamente in disavanzo per questo motivo sono stati ben 220.

Il Comune di Alessandria nel 2008 aveva 149 milioni di euro di debiti, mentre a Caserta l’indebitamento era arrivato a 129 milioni con un passivo di 22 milioni di euro simile a quello di Foggia (19 milioni di squilibrio di bilancio) con un debito complessivo pari a 128 milioni di euro. Alcune città sono, inoltre, in passivo da anni: è il caso di Aprilia con un forte squilibrio di bilancio dal 2004 e di Giarre (Catania) dal 2001.

Secondo Rizzo, alla base dell’alto indebitamento e dei passivi dei Comuni italiani c’è il progressivo aumento dell’autonomia finanziaria per i palazzi civici. Capita così che per scarsa capacità, ingenuità o faciloneria i Comuni spendano più del dovuto, spesso senza che questo aumento di spesa si traduca in un effettivo beneficio per i cittadini. In altri casi, la coperta diventa corta a causa dei tagli dello Stato. Ed è sempre lo Stato a intervenire nei casi più gravi per cercare di salvare la situazione:

Nel 2008 il governo è intervenuto per «salvare», questo fu il termine utilizzato nell’occasione, i Comuni di Roma e Catania. Il primo era stato guidato da un’amministrazione di centrosinistra fin dal 1993, sindaci due candidati premier ulivisti come Francesco Rutelli e Walter Veltroni e aveva accumulato debiti per oltre 8 miliardi di euro (che sarebbero stati successivamente certificati dalla giunta di centrodestra in quasi 10 miliardi) prevalentemente per ripianare i deficit delle aziende di trasporto locale. Il secondo era stato invece da lungo tempo amministrato dal centrodestra: sindaco il medico di fiducia di Silvio Berlusconi, Umberto Scapagnini. Il suo successore Raffaele Stancanelli, dello stesso partito, ha denunciato al suo arrivo una situazione letteralmente catastrofica, con un deficit spaventoso e un debito che veleggiava verso il miliardo di euro: 3 mila euro e oltre per ogni abitante.

Stancanelli decise di scrivere direttamente a Silvio Berlusconi, che accolse le richieste del nuovo sindaco stanziando 140 milioni di euro per la città con un provvedimento straordinario, che comprendeva anche 500 milioni di euro per ripianare i conti del Comune di Roma. Catania poté così evitare la bancarotta, mentre Scapagnini ottenne un seggio in Senato.

Il Comune più indebitato sulla base del numero di residenti è quello di Torino. La città ha investito enormi risorse per organizzare le Olimpiadi invernali del 2006, dunque un paio di anni dopo la situazione fotografata dalla Corte dei conti era ancora difficile. Nel 2008 su ogni torinese gravava un debito di 5.564 euro, in leggera diminuzione rispetto ai 5.771 euro dell’anno prima. La stima è della Fondazione Civicum, esclude il Comune di Roma ed è contestata dal Comune di Torino, che sostiene di non avere in proporzione più debiti rispetto a Milano o Roma.

Nella classifica di Civicum, riportata sempre dal Corriere della Sera, dopo i torinesi a subire la maggiore esposizione ci sono i milanesi con circa 4.012 euro pro capite. Seguono poi Potenza (2.774 euro), Napoli (2.739), Genova (2.735) e Ancona (2.085).

Fra le città italiane, quella più virtuosa risultava, per Civicum, Modena: appena 357 euro per abitante. Un terzo dei debiti che aveva il Comune immediatamente precedente, La Spezia (1.156 euro).

foto di diegoalbero