• Mondo
  • Venerdì 20 agosto 2010

I negoziati tra Israele e Palestina riprenderanno presto

I colloqui riprenderanno il 2 settembre a Washington, dopo due anni: decisiva la mediazione degli Stati Uniti

President Barack Obama makes a statement before the start of his trilateral meeting with Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu, left, and Palestinian President Mahmoud Abbas in New York, Tuesday, Sept. 22, 2009. (AP Photo/Charles Dharapak)
President Barack Obama makes a statement before the start of his trilateral meeting with Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu, left, and Palestinian President Mahmoud Abbas in New York, Tuesday, Sept. 22, 2009. (AP Photo/Charles Dharapak)

aggiornamento: è arrivata la conferma ufficiale, gli Stati Uniti hanno invitato Israele e Palestina per riprendere i negoziati diretti il 2 settembre a Washington.

È atteso per oggi l’annuncio da parte del segretario di Stato americano Hillary Clinton della ripresa di negoziati diretti fra israeliani e palestinesi. Data la fragilità dell’accordo è possibile che la notifica ufficiale slitti di 24 o 48 ore per mettere a punto gli ultimi dettagli, ma pare essere certo che i colloqui riprenderanno.

La discussione sulla pace in Medio Oriente è sempre proseguita sottotraccia attraverso diversi interlocutori, fra cui Egitto e – appunto – Stati Uniti, ma sarebbe la prima volta dopo quasi due anni che israeliani e palestinesi si siederebbero assieme per discutere di una soluzione pacifica all’oramai più che sessantennale conflitto. Sembra che gli incontri avuti separatamente da Benjamin Netanyahu e Mahmud Abbas con Barack Obama siano serviti a rassicurare i palestinesi sui termini delle trattative.

Una delle condizioni poste da sempre dall’Autorità Nazionale Palestinese per una ripresa dei negoziati diretti è il blocco alla crescita degli insediamenti nella Cisgiordania, condizione mai accettata da Israele. In effetti è attualmente in vigore una moratoria sull’estensione delle colonie che l’amministrazione Netanyahu aveva concesso lo scorso inverno. L’impegno al parziale congelamento dovrebbe scadere il 26 settembre, ed è probabile che una proroga del provvedimento sia quanto richiesto dall’amministrazione palestinese per sedersi al tavolo delle trattative. Formalmente Netanyahu ha annunciato che non accetterà alcuna precondizione che vincoli la ripresa dei colloqui, ma è probabile che sia proprio del blocco agli insediamenti al centro delle trattative di queste ore.

Il Quartetto – composto da Stati Uniti, Unione Europea, Nazioni Unite e Russia – punta a riprendere le trattative dirette dal 2 settembre, alla presenza del presidente americano Barack Obama. Gli Stati Uniti saranno ancora una volta i principali protagonisti delle trattative, dato che è probabile che – come in passato – entrambe le parti si rivolgano agli americani per la produzione di “proposte ponte” volte a mediare le richieste dei due schieramenti. La durata di questa nuova finestra di colloqui dovrebbe essere di un anno, passato il quale le due parti tornerebbero a non parlarsi per via diretta.

I temi cruciali sono – come sempre – i confini dello Stato palestinese, la questione di Gerusalemme capitale di entrambi gli Stati, e il diritto al ritorno per profughi ed eredi nel futuro Stato palestinese o addirittura in Israele. Vi sono poi questioni apparentemente minori come la divisione delle riserve idriche, il controllo delle frontiere e il disarmo dello Stato palestinese, che sono state spesso il pretesto per un’interruzione del negoziato.

Nonostante le numerose iniziative per trovare un accordo – i più noti sono i colloqui di Camp David e Taba del 2000-2001, e la Road Map di George W. Bush – la situazione in Cisgiordania è cristallizzata agli accordi di Oslo del 1993 che valsero il premio Nobel per la pace a Yitzhak Rabin, Shimon Peres e Yasser Arafat, e che avrebbero dovuto spianare la via per una risoluzione definitiva dell’eterna questione fra Israele e Palestina.