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  • Giovedì 5 agosto 2010

“La moschea a Ground Zero è una vittoria”

Il sindaco di New York difende la costruzione dell'edificio di culto presso il World Trade Center

di Michael R. Bloomberg

New York City Mayor Michael Bloomberg, center, City Council Speaker Christine Quinn, fourth from left, and members of local religious institutions stand in front of the Statue of Liberty for a news conference in New York, Tuesday, Aug. 3, 2010. The political and religious leaders were there to show their support for a mosque and Islamic cultural center planned in lower Manhattan. (AP Photo/Seth Wenig)
New York City Mayor Michael Bloomberg, center, City Council Speaker Christine Quinn, fourth from left, and members of local religious institutions stand in front of the Statue of Liberty for a news conference in New York, Tuesday, Aug. 3, 2010. The political and religious leaders were there to show their support for a mosque and Islamic cultural center planned in lower Manhattan. (AP Photo/Seth Wenig)

Quella che segue è la traduzione del discorso fatto il 3 agosto dal sindaco di New York Michael Bloomberg, a proposito del controverso progetto di costruzione di una moschea nei pressi di Ground Zero.

Siamo giunti qui a Governors Island dove i primi coloni misero piede a Nuova Amsterdam, e dove i semi della tolleranza religiosa furono piantati per la prima volta. Siamo venuti qui per vedere l’evocativo simbolo della libertà che, più di 250 anni dopo, accoglie milioni di immigrati nel porto; e siamo venuti qui per affermare con la stessa forza di sempre che questa è la città più libera del mondo. Questo è ciò che rende New York speciale, differente e forte.

Le nostre porte sono aperte a tutti – a tutti coloro che hanno un sogno e la volontà di lavorare duro e stare alle regole. New York fu costruita da immigrati ed è tenuta in piedi da immigrati: da persone originarie di un centinaio di Paesi diversi che parlano più di duecento lingue diverse e professano ogni fede. Che i tuoi genitori siano nati qui o che tu sia arrivato ieri, sei un newyorkese.

È probabile che non saremo sempre d’accordo con ciascuno dei nostri vicini. Questa è la vita, e fa parte del vivere in una città così densa ed eterogenea. Ma sappiamo anche che essere un newyorkese significa vivere all’insegna della tolleranza e del rispetto reciproco con il proprio vicino. Fu esattamente quello spirito d’apertura e di accoglienza ad essere attaccato l’Undici Settembre.

Quel giorno tremila persone furono uccise perché dei fanatici sanguinarî non volevano che noi giovassimo della libertà di professare le nostre fedi, di esprimere le nostre opinioni, di seguire i nostri sogni e di vivere le nostre vite.

Di tutte le nostre preziose libertà, quella di professare il culto che vogliamo è forse la più importante. Ed è una libertà che, anche in una città dove è radicata la tolleranza olandese, fu conquistata dopo dure battaglie negli anni. Attorno alla metà del diciassettesimo secolo la piccola comunità ebraica che viveva a Lower Manhattan fece richiesta al governatore olandese Peter Stuyvesant di poter costruire una sinagoga, e la loro richiesta fu rigettata.

Nel 1657, quando Stuyvesant proibì anche ai quaccheri di riunirsi, un gruppo di persone che non facevano parte di quel movimento religioso firmò la Flushing Remonstrance, una petizione a difesa del diritto di quaccheri e altri cittadini di professare liberamente la loro religione. Fu, forse, la prima formale petizione politica in favore della libertà religiosa nelle colonie americane e il suo ideatore fu prima chiuso in prigione e poi bandito da Nuova Amsterdam.

Nel diciottesimo secolo, anche se la libertà religiosa si era affermata in America, i cattolici di New York non potevano praticare la loro religione, e i preti potevano essere arrestati. Per questo, la prima parrocchia cattolica di New York non fu istituita prima degli Anni 80 di quel secolo. Era la chiesa di San Pietro su Barclay Street, che sta solamente un isolato a nord dall’area del World Trade Center e un isolato a sud dal luogo proposto per la moschea.

Questa mattina la commissione che si occupa di preservare gli edifici d’importanza cruciale ha votato all’unanimità di non estendere quello status al luogo su Park Place dove la moschea sarà costruita. La decisione è stata presa solamente sulla base del fatto che l’architettura dell’edificio era di minima rilevanza. Ma, con o senza questa designazione, non c’è nessuna legge che potrebbe impedire ai proprietarî di aprire una moschea all’interno dell’edificio esistente. Il fatto è semplice: quell’edificio è proprietà privata, e i suoi legittimi proprietarî hanno il diritto di usarlo come luogo di culto.

Questo diritto non può essere violato dai governi, e anche se ci fosse stato un tentativo, le corti avrebbero quasi certamente liquidato la richiesta come una violazione della Costituzione degli Stati Uniti. Qualunque cosa possiate pensare della moschea proposta, nella foga del dibattito si è persa una domanda fondamentale: è giusto che il governo provi a vietare a privati cittadini di costruire un edificio di culto – su una proprietà privata – solamente sulla base della loro affiliazione religiosa? È possibile che questo succeda in altri Paesi, ma noi non dovremmo mai permettere che succeda qui. Questa nazione fu fondata sul principio che il governo non deve mai scegliere fra diverse religioni o favorirne una a scapito dell’altra.

L’area del World Trade Center Site avrà sempre un posto speciale nella nostra città, e nei nostri cuori. Ma saremmo disonesti con la parte migliore di noi stessi – e con chi siamo come newyorkesi e americani – se dicessimo “no” a una moschea a Lower Manhattan.

Non dimentichiamoci che fra coloro che furono uccisi l’Undici Settembre c’erano dei mussulmani, e che i nostri vicini mussulmani piansero assieme a noi come newyorkesi e americani. Tradiremmo i nostri valori – consegnandoci nelle mani dei nostri nemici – se trattassimo i mussulmani diversamente da chiunque altro. Rifugiarci nei nostri umori più grezzi sarebbe dare una vittoria ai terroristi, e non dovremmo permettercelo.

Per questa ragione io credo che questo sia un’importante prova per il principio della separazione fra Stato e chiesa come ne vedremo altre nel corso della nostra vita, ed è estremamente importante che la decisione giusta venga presa.

L’undici settembre del 2001 tantissimi soccorritori della prima ora accorsero eroicamente sulla scena, e salvarono migliaia di altre vite. Più di 400 di questi non riuscirono a uscirne fuori vivi. Nel tuffarsi in quegli edifici in fiamme nessuno di loro domandò «a quale Dio rivolgi le tue preghiere?» o «quali sono le cose in cui credi?».

Quell’attacco fu un atto di guerra, e quei soccorritori difesero non solo la Città ma anche la nostra nazione e la nostra Costituzione. Non rendiamo onore alle loro vite negando i diritti squisitamente costituzionali che sono morti proteggendo. Onoriamo, invece, le loro vite difendendo quei diritti, e le libertà che i terroristi hanno attaccato.

Certamente è sensato chiedere ai gestori della moschea di mostrare una particolare sensibilità per la situazione e, difatti, il loro piano sarà un tentativo di riuscire a oltrepassare le proprie mura per costruire una comunità interreligiosa. Facendo ciò, io spero che la moschea aiuti a unire ancora di più la nostra città e a ripudiare la falsa e ripugnante idea che gli attacchi dell’Undici Settembre corrispondano in qualche modo all’Islam. I mussulmani sono una parte della nostra città e del nostro Paese come le persone che professano qualunque fede, e sono i benvenuti nel farlo a Lower Manhattan. Difatti è lì che hanno pregato per la maggior parte dell’anno, come è loro diritto fare.

Il direttivo locale di Lower Manhattan ha espresso un voto di gran lunga favorevole a sostegno della proposta, e se questa andrà avanti mi aspetto che la moschea aggiunga vita e vivacità al quartiere e all’intera città.

Le dispute politiche vanno e vengono, ma le nostre idee e le nostre tradizioni resistono e non c’è nessun quartiere in questa città che è al di fuori dell’amore e della grazia di Dio, come i capi religiosi con noi oggi possono testimoniare.