La Cina sorpassa il Giappone

La Cina sta per scalzare il Giappone dal secondo posto nella classifica delle potenze economiche mondiali

La Cina sta per scalzare il Giappone dal secondo posto nella classifica delle potenze economiche mondiali e tra poco tempo sarà dietro solo agli Stati Uniti: è già il più grande esportatore del mondo, il più grande importatore di auto e il più grande produttore di acciaio. Con la crescita economica sono aumentate però anche le contraddizioni della società cinese. Il divario tra l’élite e gli strati più poveri della popolazione è sempre più grande, con un salario medio annuale che per circa 1.3 miliardi di persone è tra i più bassi del mondo. E mentre il governo pensa a lanciare nuove missioni spaziali e a esportare treni ad alta velocità in California e Europa, la maggior parte delle famiglie che abitano nelle zone più remote del paese vive ancora in case scavate nella roccia sui fianchi delle colline.

Il prodotto interno lordo della Cina nel 2009 è stato di 4.980 miliardi di dollari, quello del Giappone è stato di 5.007 miliardi di dollari. Ma la Cina cresce ormai a un ritmo del 10% all’anno, mentre la crescita del Giappone per quest’anno probabilmente non supererà il 3%. Per questo il governo cinese sostiene che il sorpasso in realtà è già avvenuto.

Il New York Times spiega che l’ascesa della Cina tra le maggiori potenze economiche mondiali segna il ritorno a una condizione che il paese aveva mantenuto per quasi duemila anni.

La Cina era il paese asiatico con l’economia più grande, le sue industrie tessili contavano per circa 1/3 della manifattura mondiale. Ma durante il diciannovesimo secolo iniziò a declinare a causa della resitenza del suo governo a seguire il Giappone nella rincorsa allo sviluppo tecnologico. Negli anni trenta, la Cina produceva una percentuale minima della produzione in fabbrica mondiale. Solo dopo la fine della guerra civile, e l’instaurazione del regime comunista, il leader Deng Xiaoping aprì la strada alla ripresa economica.

Le riforme iniziarono nel 1979 e da allora la Cina è diventata la fabbrica mondiale della produzione a basso costo. Ora vorrebbe fare il passo successivo e sta cercando di svilupparsi anche nel settore dell’industria tecnologica, che finora ha avuto scarso successo. Già adesso, i consumatori del mercato cinese sono ampiamente corteggiati dai produttori del resto del mondo, che stanno iniziando a lanciare sul mercato prodotti calibrati specificamente sui loro gusti. Quest’anno per esempio Hermes ha lanciato un nuovo brand, Shang Xia, pensato apposta per il mercato cinese.

A differenza del Giappone, che ha rinunciato agli investimenti in campo militare dopo la seconda guerra mondiale, la Cina punta ad essere la prima potenza militare dell’Asia e ha iniziato a investire sulle armi nucleari già a partire dagli anni sessanta. La spesa militare della Cina è la seconda al mondo ed è triplicata nell’ultimo anno fino a raggiungere i 100 miliardi di dollari.

La richiesta della Cina di petrolio, ferro e altri minerali sta portando molti soldi nelle casse delle economie di alcuni paesi in via di sviluppo come Angola e Kazakhstan, mentre sempre più spesso aziende cinesi costruiscono infrastrutture nei paesi africani in cerca di nuovi giacimenti di materie prime. E infatti sono state proprio le pressioni della Cina a far guadagnare un ruolo più rilevante ai paesi in via di sviluppo all’interno della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale.

Ovviamente il Giappone continuerà ad essere un paese molto ricco, con un tasso di alfabetizzazione che ha ormai raggiunto il 99% della popolazione e con un’aspettativa di vita che è tra le più lunghe del mondo: 83 anni. Ma la domanda a questo punto è: quand’è che la Cina supererà anche gli Stati Uniti? Secondo il New York Times il sorapsso potrebbe avvenire già nel 2020, anche se il reddito pro capite della Cina resterebbe probabilmente un quarto di quello americano: una cifra comparabile a paesi come la Malesia o l’America del sud.

In ogni caso si tratterà di un risultato che costringerà i leader cinesi a rivedere le loro politiche economiche. Dovranno promuovere tecnologia ed educazione, combattere la corruzione rampante e resitere alla tentazione di favorire le imprese statali a discapito dell’espansione del settore privato, che potrebbe creare occupazione e ricchezza. Il successo non è garantito, avvisano gli esperti della Banca Mondiale. Cina, Messico e altri paesi in via di sviluppo potrebbero benissimo vedere il reddito medio della popolazione fermarsi su livelli bassi se non punteranno sullo sviluppo di una forza lavoro creativa e ben educata e su un sistema legale in grado di supportare l’innovazione.