I vertici della polizia coprirono le violenze alla Diaz

Pubblicate le motivazioni della sentenza d'appello: alcuni funzionari produssero prove false per incolpare i no global

Il 18 maggio scorso i giudici della Corte di Appello di Genova hanno condannato 25 imputati nell’ambito del processo sulle violenze presso la scuola Diaz avvenute durante il G8 del 2001. A distanza di quasi tre mesi, i giudici hanno depositato le motivazioni della sentenza che ha sovvertito il pronunciamento di primo grado, condannando alcuni importanti esponenti delle forze dell’ordine di allora come il capo dell’anticrimine Francesco Gratteri (4 anni) e l’ex comandante del primo reparto mobile di Roma Vincenzo Canterini (5 anni), Giovanni Luperi (4 anni), Spartaco Mortola (3 anni e 8 mesi) e Gilberto Caldarozzi (3 anni e 8 mesi).

Il sito della cronaca genovese di Repubblica riporta alcuni passaggi delle 313 pagine delle motivazioni della sentenza contro poliziotti e funzionari che fecero irruzione nella Diaz, utilizzata come punto di ritrovo e dormitorio dai no global nei difficili giorni del G8 genovese. Le forze dell’ordine erano lì per eseguire una perquisizione, che degenerò rapidamente in una violenta aggressione.

Secondo i giudici, il responsabile dell’intelligence Luperi e il dirigente dell’antiterrorismo Gratteri, «preso atto del fallimentare esito della perquisizione si sono attivamente adoperati per nascondere la vergognosa condotta dei poliziotti violenti concorrendo a predisporre una serie di false rappresentazioni della realtà a costo di arrestare e accusare ingiustamente i presenti nella scuola».

Nelle motivazioni si analizza anche l’origine della perquisizione e le modalità con le quali è stata condotta:

«L’esortazione ad eseguire arresti, di per sé considerata, anche fosse indicativa di rimprovero implicito per precedente colposa inerzia, sarebbe stata comunque superflua, essendo in ogni caso gli operatori di polizia giudiziaria tenuti ad eseguire gli arresti nella ricorrenza dei presupposti di legge dettati nel codice di rito. […] Ma anche per procedere alla perquisizione non è sufficiente un sollecito da parte del Capo della Polizia, bensì occorre pur sempre il sospetto della presenza di armi illegalmente detenute.»

Rispetto alla sentenza di primo grado, quella di appello dello scorso 18 maggio attribuisce maggiori responsabilità ai vertici della polizia per le violenze e i falsi atti compiuti all’interno della scuola. Alcuni agenti portarono dall’esterno delle bottiglie molotov, utilizzate poi come prova per dimostrare il possesso di armi improprie da parte degli occupanti. La sentenza di primo grado attribuiva la colpa del falso ai soli agenti coinvolti, mentre il nuovo pronunciamento d’appello attribuisce le responsabilità ai vertici che non potevano non sapere, come testimoniato da un video che mostra chiaramente un conciliabolo tra alcuni dirigenti di polizia con le bottiglie in mano nel cortile della Diaz.

Infine, Gratteri, Canterini e Luperi erano stati inviati a Genova per gestire l’ordine pubblico e garantire la sicurezza ed erano i più importanti funzionari presenti. I tre hanno potuto vedere con i loro occhi tutto ciò che accadeva e avevano il potere necessario per intervenire, impedendo così il diffondersi delle violenze. Avevano il potere e la discrezione per farlo, ma decisero di non utilizzarli. E per l’articolo 40 del Codice Penale: «Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo». I tre non hanno inoltre ottenuto alcuna attenuante generica per la gravità dei fatti commessi nell’esercizio della loro funzione di alti funzionari di Stato.