Le brutte giornate di Formigoni

Il presidente della Lombardia salta fuori nei verbali sulla lobby di Carboni, i suoi alleati nell'inchiesta sulla 'ndrangheta

©Lapresse
07/11/2008 Brescia,italia
Interni
Lavori di allargamento e messa in sicurezza della tangenziale sud 
Nella Foto:Roberto Formigoni
©Lapresse 07/11/2008 Brescia,italia Interni Lavori di allargamento e messa in sicurezza della tangenziale sud Nella Foto:Roberto Formigoni

I giornali di oggi dedicano molto spazio a due vicende piuttosto diverse tra loro. La prima è quella della lobby di Flavio Carboni, che la stampa comincia a chiamare “la P3” (ieri Berlusconi li ha definiti “”quattro pensionati sfigati”). La seconda è quella della massiccia operazione contro la ‘ndrangheta effettuata ieri da carabinieri e polizia, che ha portato a oltre trecento arresti tra Calabria e Lombardia. Benché si tratti per l’appunto di vicende tra loro molto diverse e apparentemente non collegate, il presidente della Lombardia Roberto Formigoni si ritrova – direttamente nel primo caso, indirettamente nel secondo – coinvolto in entrambe, e sicuramente la lettura dei giornali di oggi non gli sarà lieve.

Cominciamo dall’operazione contro la ‘ndrangheta. Non bastasse la scoperta di quanto vasti e ramificati fossero gli affari della criminalità organizzata in Lombardia a preoccupare Formigoni, sappiamo che le forze dell’ordine hanno diretto le loro attenzioni verso diversi politici lombardi: decine di questi sono indagati e i loro nomi non si conoscono ancora. Altri esponenti illustri della pubblica amministrazione lombarda sono stati arrestati ieri. Tra questi Carlo Antonio Chiriaco, direttore dell’Asl di Pavia, che nelle intercettazioni si vanta di essere il fondatore della ‘ndrangheta a Pavia. È accusato di “corruzione elettorale” e in un’altra intercettazione discute col boss Pino Neri dandogli indicazioni di raccogliere voti per il Giancarlo Abelli, candidato del PdL in consiglio regionale e che i giornali definiscono “formigoniano di ferro”, “braccio destro” di Formigoni nella sanità lombarda. Per capirci, parliamo dell’uomo che per via della sua vicinanza a Formigoni e il ruolo da mediatore che svolge per lui viene soprannominato “il telefonino”.

L’inchiesta sulla lobby di Flavio Carboni vede invece da parte di Roberto Formigoni un coinvolgimento ben più attivo. I giornali di oggi, infatti, raccontano di come l’attuale presidente della regione Lombardia abbia usufruito dei servizi e della mediazione della lobby negli ultimi mesi, specie quando  – alla vigilia delle scorse elezioni regionali – a causa dell’irregolarità delle firme le sue liste rischiavano di rimanere fuori dalla competizione elettorale. Secondo Repubblica il nome di Formigoni sarebbe “al vaglio della magistratura” insieme a quello di Giacomo Caliendo, sottosegretario alla Giustizia, e Vincenzo Carbone, ex primo presidente della Corte di Cassazione.

Nelle intercettazioni ricorre il nome di Formigoni. I pm documentano i contatti tra il governatore della Lombardia e gli uomini di Flavio Carboni, Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi, arrestati nei giorni scorsi. Le telefonate rivelano i tentativi di far accogliere il ricorso della lista “Per la Lombardia” contro l’esclusione alle regionali. Pasquale Lombardi allerta diversi magistrati, tra cui Alfonso Marra e Caliendo.

Non appena Marra viene eletto alla presidenza della Corte d’appello, Martino, Carboni e Lombardi gli chiedono esplicitamente – “dietro mandato dello stesso Formigoni” – di intervenire sull’esclusione della sua lista.

Il primo marzo 2010 Formigoni parla con un altro componente della combriccola, l’imprenditore partenopeo Arcangelo Martino: «Ma l’amico Lombardo, Lombardi è in grado di agire?». Risponde Martino: «Sì, ha già fatto qualche passaggio». Lombardi, lo stesso giorno parla con il giudice Gaetano Santamaria: «Ho già chiamato Fofò (Marra)… gli ho detto io domani mattina alle undici stongo da te… domani arrivo io verso le undici e cercasse di chiamare questi quattro stronzi perché… presenta in mattinata il ricorso». Santamaria garantisce: «Adesso parliamo con Alfonso». Anche il sottosegretario Caliendo, parlando con Lombardi, dice di essere intervenuto con Marra per sollecitarlo ad accogliere il ricorso di Formigoni: «Non credo che lo farà», dice Caliendo.

La prima fase dell’intervento chiesto da Formigoni, quindi, comporta pressioni telefoniche e verbali sul presidente della Corte d’appello. La seconda fase è più concreta: la lobby cerca di ottenere un’ispezione del ministero della giustizia negli uffici della Corte d’appello. Il 5 marzo Arcangelo Martino la chiede direttamente al capo degli ispettori Arcibaldo Miller, che suggerisce di far presentare un esposto allo staff del candidato governatore lombardo.

Da quel momento Formigoni si informerà più volta con la «combriccola» dell’esito della vicenda. Anche con linguaggio allusivo: il 10 marzo chiede a Martino «se malgrado la neve ci saranno degli spostamenti verso il Nord», riferendosi appunto agli ispettori. Il giorno seguente c’è un pranzo, al ristorante Tullio di Roma, partecipano Lombardi e Miller, in seguito al quale Lombardi dice a Martino che la documentazione inviata al ministero è incompleta. I presunti nuovi piduisti, in pratica, fanno da intermediari fra Formigoni e via Arenula per ottenere il via libera all’ispezione. L’esposto suggerito da Miller, attraverso Martino e Lombardi, arriva alla segreteria del Guardasigilli Alfano e del sottosegretario Caliendo. Ancora Formigoni chiederà a Martino il 15 marzo se «chi deve camminare lo sta facendo». Martino lo rassicura: «Arriverà dalle tue parti a fine settimana». È confortato dal colloquio con un alto esponente istituzionale. Lo stesso Formigoni chiarirà che la persona a cui fa riferimento l’imprenditore (ora agli arresti) è il ministro Angelino Alfano. Il quale, alla fine, si opporrà all’invio degli ispettori. Ma si sentirà in dovere di giustificarsi sia con il governatore Lombardo che con il «mediatore» Martino. Si evince da una conversazione fra Martino e Formigoni del 24 marzo. Martino: «Ti chiamò Angelino?». Formigoni: «Mi chiamò». Martino: «È tutta gente di basso profilo». Formigoni: «Mi sono molto arrabbiato con lui, perché sabato lui si era impegnato. E gli ho detto: ma guarda che è il nostro capo che ha bisogno di una cosa del genere…». Il capo, va da sé, sarebbe Silvio Berlusconi.

Il Corriere della Sera aggiunge al quadro un altro tassello, relativo al momento in cui Formigoni apprende che nessun ispettore del ministero della giustizia andrà in Corte d’appello. Si parla di mozzarelle, probabilmente ci si riferisce ad altro.

Per Formigoni la questione non è chiusa: «Mi fai sapere per causa di chi e quali sono i motivi, chi è il colpevole? Chi sono i mandanti e quali sono i motivi?». Martino promette di verificare al più presto. Poco prima aveva avvisato il presidente della Lombardia: «Credo che ti arrivi quella mozzarella buona che fanno in casa, là… che è la cosa più importante». Formigoni sembra entusiasta: «È sempre splendida, ma tu Arcangelo… non muoverti, fai viaggiare la mozzarella, poi ti muovi quando è necessario, hai capito?».