Sul numero degli intercettati si inizia a fare confusione

Repubblica torna sulla questione dicendo che sono soltanto sei mila, contraddicendo un po' tutti, anche se stessa

Un articolo di Piero Colaprico su Repubblica di oggi ritorna sul tema del numero delle persone le cui conversazioni sono intercettate in Italia, tema sul quale negli ultimi mesi i difensori e gli oppositori della legge sulle intercettazioni si sono molto divisi usando ognuno le cifre a suo modo. In particolare, il presidente del consiglio ha più volte dichiarato che in Italia ci sarebbero 150 mila telefoni sotto controllo, e calcolando cinquanta persone in relazione con ogni utenza controllata si arriverebbe a sette milioni e mezzo di persone le cui telefonate possono essere ascoltate dalle procure. Colaprico fornisce cifre di tutt’altro livello.

E se oggi – proprio oggi sabato 10 luglio che leggiamo questo articolo – in tutta Italia ci fossero, ad esagerare, non più di seimila persone intercettate?

Colaprico scrive che il calcolo si basa sui dati forniti dalle società private che effettuano le intercettazioni per conto delle procure.

Quindi, per conoscere il numero dei telefoni sotto controllo, invece di domandare alle lente burocrazie delle varie corti d’appello, è più semplice chiedere dettagli ai pochi «operatori» che servono tutte le procure italiane. In questi giorni, i vari amministratori delegati hanno svolto una verifica dei «lavori in corso». Ed ecco quello che, tra loro, si sono detti. La società Area ha sotto controllo 5.200 «bersagli», e cioè – attenzione – telefoni e telefonini, non persone fisiche. La società Rcs ne ha 4.500. La Sio 1.500. Radio Trevisan circa mille. Innova, con sede a Trieste, 3 mila numeri. Le società più piccole sommano altri 3.500 «bersagli». Sommando tutto, oggi in Italia sono sotto controllo meno di 19mila apparecchi.

In realtà i dati di dominio pubblico fino a questo momento non erano frutto di “lente burocrazie” di “varie corti d’appello”, bensì cifre ufficiali fornite dal ministero della giustizia, confermate dall’Associazione Nazionale Magistrati e dalle aziende che si occupano di effettuare le intercettazioni. Ma ci arriviamo. Siamo quindi a 19 mila utenze intercettate, dice Repubblica. Com’è noto, a ogni persona intercettata corrispondono spesso più numeri di telefono. Colaprico lo scrive in modo piuttosto infelice, confondendo l’essere intercettati con l’essere necessariamente dei criminali – “quando si sta dietro ai colletti bianchi degli appalti sporchi o ai criminali grandi e piccoli, ognuno ha a disposizione varie utenze” – ma la cifra va comunque ridotta, e il giornalista di Repubblica scrive che, anche arrotondando per eccesso, si arriva a non più di sei mila intercettati.

La singolarità del dato è tale che non smentisce soltanto quando detto da Berlusconi: smentisce anche quanto detto dal ministero della giustizia, dall’Associazione Nazionale Magistrati, dal direttore di Repubblica Ezio Mauro… e dallo stesso Piero Colaprico. Andiamo con ordine. All’indomani della dichiarazione di Berlusconi a Ballarò diversi giornali erano andati a vedere i dati ufficiali comunicati dal ministero della giustizia. In un articolo intitolato “I veri numeri delle intercettazioni”, il Fatto racconta che le utenze intercettate in Italia sono 130 mila. La stessa cifra data dal presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara, che ha parlato di 132 mila “bersagli” per un totale di 40 mila persone fisiche: quasi sette volte la cifra fornita da Colaprico.

Il 19 maggio, poi, sempre discutendo del numero degli intercettati in Italia, il direttore di Repubblica Ezio Mauro aveva fornito altre cifre, senza specificare la loro provenienza, sostenendo che in Italia i telefoni intercettati sono 120 mila e quindi le persone ascoltate sarebbero 80 mila: il doppio di quanti ne stima il presidente dell’ANM, quindici volte la cifra fornita oggi da Colaprico. Lo stesso Colaprico che appena venti giorni fa prendeva per buono il dato fornito dall’ANM e concludeva sostenendo che in Italia le persone intercettate sarebbero 27 mila.

Ora, la discrepanza tra i dati sarebbe motivata dalla loro fonte: venti giorni fa Colaprico citava i dati del ministero e dei magistrati, oggi cita quelli delle aziende che effettuano le intercettazioni. Al di là del fatto che una discrepanza così grande andrebbe spiegata – perché vengono effettuate così poche intercettazioni, a fronte di quelle disposte dai magistrati? – bisogna rilevare il fatto che anche le aziende private hanno fornito finora dati di tutt’altro genere. E lo stesso Walter Nicolotti, presidente del cartello delle imprese specializzate nell’intercettazione, aveva dato per buone le stime fornite dal ministero e dai magistrati: d’altra parte loro effettuano le intercettazioni che la giustizia chiede loro di effettuare.

C’è poi un’altra questione, tutt’altro che irrilevante. Le intercettazioni riguardano tutte le telefonate che coinvolgono i “bersagli”, tutte le telefonate che i “bersagli” fanno o ricevono: quindi il numero di persone effettivamente ascoltate dalle procure è superiore a quello delle semplici utenze intercettate. È questa la ragione per cui Berlusconi parla di sette milioni e mezzo di intercettati, moltiplicando per cinquanta i 132 mila “bersagli”. La cifra è stata molto discussa ed è probabilmente esagerata, ma è evidente che in ogni caso il numero totale di persone ascoltate supera il numero dei “bersagli”. Lo stesso Nicolotti aveva considerato eccessiva la stima fatta da Berlusconi, dicendo che il numero di utenze collegate a quelle intercettate era più o meno dieci, facendo arrivare il totale delle persone ascoltate dalla procure tra il milione e il milione e mezzo. Anche il numero fornito oggi da Colaprico – sei mila – dovrebbe essere moltiplicato, ma il giornalista di Repubblica liquida così la questione.

Questo 0,0001% della popolazione italiana parlerà certo con altre persone, ma si usa una dizione, «conversazione non rilevante», che fa buttare nel cestino le chiamate a amici e parenti e a chiunque non parli con l’intercettato di fatti di reato o di argomenti che «raccontano» gli intrecci personali, le «opacità».

E sarebbe bello che fosse così, ma non si può non rilevare che spesso e volentieri questo non è accaduto, e conversazioni assolutamente non rilevanti – gli sms privati di Anna Falchi a Stefano Ricucci, per fare il più noto degli esempi – siano finite in posti molto diversi dai cestini: nei verbali delle procure e sulle pagine dei giornali.