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  • Venerdì 2 luglio 2010

È dura vivere a Gaza

Lancet pubblica uno studio sulle condizioni di salute della popolazione di Gaza

Tra il 27 dicembre 2008 e il 18 gennaio 2009 l’esercito isrealiano condusse una delle più violente offensive militari contro Gaza degli ultimi sessanta anni. Secondo le stime ufficiali gli attacchi causarono 1400 morti e più di 5000 feriti. Ora uno studio della rivista inglese Lancet porta alla luce anche le conseguenze meno conosciute ma più profonde e durature di quei bombardamenti e dell’embargo imposto da Israele su quei territori.

I risultati degli studi condotti nell’arco di un anno affermano che l’attacco di Israele e il conseguente embargo continuano ad avere un effetto devastante sulle condizioni di salute della popolazione, soprattutto tra i bambini: uno su quattro soffre di malnutrizione. Nahed Mikki, specialista del dipartimento di medicina preventiva dell’Università di Oslo (Norvegia) ha condotto una ricerca su un gruppo di bambini tra i 10 e i 19 anni, che rappresentano il 24 per cento della popolazione che vive nella Striscia di Gaza.

Solo il 26 per cento degli intervistati ha dichiarato di riuscire ad avere tre pasti al giorno, il 51 per cento ha invece risposto dicendo di riuscire a mangiare solo due o tre volte alla settimana. Molto scarso anche l’accesso al latte, che viene consumato quotidianamente solo da un quarto degli intervistati. Dati molto preoccupanti che evidenziano un grave problema di malnutrizione e rachitismo. Il sei per cento degli intervistati tra i nove e gli undici anni soffre di rachitismo, l’undici per cento di anemia e il due per cento ha un peso al di sotto della media.

“L’embargo di questa regione continua a essere il principale ostacolo al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione” ha detto il ricercatore Niveen Abu-Rmeileh della Università di Birzeit (Cisgiordania), dove è stato presentato ufficialmente lo studio. Il 70% delle famiglie intervistate può contare solo sugli aiuti delle organizzazioni internazionali per il cibo.

La ricerca indica anche che circa un terzo delle persone hanno abbandonato le loro case durante i bombardamenti e che il 39% delle abitazioni sono state distrutte o danneggiate. Alla fine di agosto del 2009 i tre quarti delle case danneggiate dovevano ancora essere riparati.

Lo studio ha poi evidenziato quei problemi meno evidenti ma molto rilevanti nella vita di ogni giorno. In particolare i problemi psicologici con cui la popolazione continua a fare i conti anche a più di un anno dai bombardamenti. L’85% degli intervistati accusa alti livelli di paura, che a volte si manifestano con attacchi di panico, e il 49% soffre di forte stress. La maggioranza delle persone che soffrono di problemi psicologici furono feriti durante la prima settimana del conflitto.