Brancher, Caligola e il mito del cavallo senatore

La vicenda di Brancher ha ricordato a molti quella del cavallo di Caligola in Senato

Parlamentari poco presentabili, nomine politiche discutibili e strumentali richiamano spesso alla mente la leggendaria storia di Caligola e del suo cavallo nominato senatore dell’antica Roma. Negli ultimi giorni l’aneddoto sull’imperatore romano è stato rispolverato da numerosi osservatori politici per analizzare la recente nomina a ministro di Aldo Brancher. In un lungo editoriale pubblicato ieri su Repubblica, Giuseppe D’Avanzo non ha risparmiato le critiche nei confronti del governo e del «Cesare di Arcore» in una «piena disponibilità proprietaria al punto che può eleggere il suo “cavallo” senatore o ministro uno dei suoi complici, pretendendo oggi per il ministro (e domani per il senatore, chissà) la stessa impunità che ha assegnato a se stesso».

L’analogia con Caligola è stata ripresa nella giornata di oggi anche da Antonio Polito nel suo editoriale per il Riformista:

Stravagante, eccentrico e depravato. Le poche fonti storiografiche definiscono così il regno di Caligola, l’imperatore romano che secondo la leggenda osò fare senatore il suo cavallo (che per la cronaca si chiama Incitatus). Alla fine del suo regno, Caligola pretendeva di essere chiamato Dio, che è un po’ più che unto dal Signore. Ma a parte questa piccola differenza, anche la nomina di Aldo Brancher a ministro sembra sempre più un atto da fine impero: così arrogante da restituire un’immagine di impotenza.

Ma come andò veramente la storia del cavallo di Caligola?

Nato ad Anzio nel 12 d.C., Gaio Giulio Cesare Germanico – meglio conosciuto come Caligola – era figlio del generale Germanico, molto amato dal popolo romano, e di Agrippina Maggiore. Divenne imperatore nel 37 d.C. dopo la morte del suo predecessore Tiberio, che aveva adottato Germanico come Augusto aveva fatto con Tiberio e Giulio Cesare con Augusto. E proprio la particolare condizione familiare aveva reso Caligola il più probabile successore di Tiberio, anche grazie al forte sostegno ricevuto dal Senato, dall’esercito e dallo stesso popolo romano.

In breve tempo il regno di Caligola si distinse nettamente da quello del proprio predecessore. L’imperatore fece massacrare numerosi oppositori interni e non risparmiò critiche continue nei confronti dell’intera classe senatoria. Pervaso da incredibili e frequenti attacchi d’ira, Caligola sembrava essere in ostaggio di una pazzia inesauribile che spesso si tramutava in atti a dir poco sanguinari. L’indole dell’imperatore colpì, nel bene e nel male, l’immaginario di numerosi autori romani che si misero a raccontare aneddoti più o meno veritieri su Caligola sopravvissuti fino ai giorni nostri.

La storia del cavallo Incitatus nominato senatore per dimostrare che anche un cavallo avrebbe potuto far meglio degli altri senatori romani è ormai proverbiale, ma sembra sia stata ingigantita nel corso dei secoli. L’animale non divenne mai senatore e l’idea di Caligola pare fosse piuttosto quella di farlo console.

L’aneddoto sul cavallo dell’iracondo imperatore è presente in numerosi testi di epoca romana, ma le due fonti più attendibili rimangono le Vite dei dodici Cesari di Gaio Svetonio Tranquillo e la Storia romana di Cassio Dione Cocceiano. Descrivendo Caligola, Gaio Svetonio Tranquillo dice che l’imperatore aveva «intenzione di nominare console il suo cavallo Incitatus», cosa che non si sarebbe poi avverata come spiega Cassio Dione Cocceiano:

[Caligola] era solito portarsi a cena uno dei suoi cavalli, che aveva chiamato Incitatus, e gli offriva orzo e beveva vino alla sua salute da calici dorati; giurava sulla vita e il destino dell’animale e si ripromise anche di nominarlo console, una promessa che avrebbe sicuramente mantenuto se avesse potuto vivere più a lungo.

Incitatus non divenne dunque senatore né tanto meno console, ma anche la sola intenzione di farlo dimostrava il disprezzo dell’imperatore per le istituzioni romane. Come ricorda Cassio Dione Cocceiano, l’impero di Caligola fu comunque breve: nel gennaio del 41 d.C. alcuni congiurati Pretoriani assassinarono l’imperatore dando così il via all’arrivo di suo zio Claudio.