La guerra del Nespresso

Nestlé denuncia un concorrente americano che produce cialde compatibili col suo sistema di culto per il caffè

L’introduzione nelle case di mezzo mondo delle macchine per il caffè a cialde ha rivoluzionato il rapporto di molti con il caffé, creato nuove abitudini e culti, e sovreccitato alcune aziende multinazionali che le producono: prima fra tutte la Nestlé, produttrice del sistema Nespresso, quello con le cento sfumature di sapore ognuna con la sua cialdina di un colorino diverso, vendute in negozi che assomigliano a gioiellerie (a prezzi che assomigliano a quelli delle gioiellerie) e comprate con devozione collezionista da schiere di appassionati.

Ma sono molti anche i concorrenti con i loro diversi sistemi – ognuno col suo set di cialde dedicate – e molti gli imitatori. E alcuni esagerano, secondo Nestlé: che oggi ha annunciato di aver denunciato la società alimentare americana Sara Lee per violazione del suo brevetto rispetto alla commercializzazione in Francia di una linea di cialde compatibili con le macchine Nespresso: L’or Espresso.

La questione ricorda quello che sta avvenendo su palcoscenici più visibili con computer e nuove tecnologie: la tendenza – discussa soprattutto per quanto riguarda Apple – a creare “sistemi chiusi” le cui componenti siano interamente gestite e vendute dalla casa produttrice del sistema.

Nestlé aveva concesso la licenza di produzione degli apparecchi per il caffè ad alcune società di elettrodomestici dal 2000, e da allora Nespresso (che esisteva dal 1986) ha fatto il botto: i ricavi di Nespresso sono cresciuti del 22% nel 2009. Sara Lee dice di aver venduto in soli due mesi dodici milioni di cialde. Una seconda società – Ethical Coffee Co, fondata dall’ex CEO di Nespresso Jean-Paul Gaillard – ha commercializzato in Francia delle cialde compatibili col sistema Nespresso, ma oggi ha fatto sapere di non avere finora ricevuto denunce. Secondo un analista interpellato dalla Reuters, Nestlé vuole testare la propria forza legale e mettere in guardia altri nel timore che l’esempio delle cialde compatibili si diffonda ulteriormente.