“A qualunque costo”

Enzo Amoroso è l'unico imprenditore di pompe funebri in Italia a cui sia stata assegnata una scorta 24 ore al giorno

Siamo abituati a pensare che le forze dell’ordine mettano sotto scorta solo determinate categorie di persone: magistrati, giudici, politici. Uomini d’affari, grandi imprenditori. Giornalisti, scrittori. Magari anche qualche piccolo imprenditore: di quelli che qualcuno definisce “pentiti” e che spesso sono semplicemente persone esasperate dalle angherie della criminalità organizzata, che a un certo punto non ce la fanno più e smettono di pagare il pizzo.

Il Corriere del Mezzogiorno di ieri raccontava una storia che non rientra in nessuna di queste definizioni o cliché. Enzo Amoroso è un imprenditore di San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli: è l’unico imprenditore di pompe funebri in Italia a cui sia stata assegnata una scorta 24 ore al giorno. E non è un cosiddetto “pentito”: è uno che ha rotto le scatole alla camorra da subito, diciamo.

Da un anno quattro carabinieri si alternano a coppie per garantire la sua sicurezza. Lo aspettano sotto casa, lo accompagnano in ufficio, assistono all’arrivo nell’azienda di San Giorgio a Cremano (pompe funebri «Amen») di parenti afflitti che chiedono la sepoltura di un loro caro. Con discrezione e grande professionalità seguono, insieme all’impresario, il corteo funebre. Esequie con la scorta, perché ad essere in pericolo di vita è il «becchino».

La colpa di Enzo Amoroso è avere raccontato ai magistrati della direzione distrettuale antimafia i dettagli del racket delle pompe funebri in Campania. Funziona così, in pratica: le ditte di pompe funebri vicine alla camorra si spartiscono il territorio e gli ospedali. Quando una persona muore in ospedale, gli infermieri indirizzano subito la famiglia verso una ditta ben precisa. Se il corteo funebre attraversa più paesi, si cambia ditta e carro funebre al casello.

«C’è corruzione a tutti i livelli. Le imprese pretendono l’esclusiva dei funerali che si svolgono nel loro Comune. Una volta dovevo trasportare una salma dal Cardarelli al cimitero di un paese vesuviano. La prassi prevedeva che avrei dovuto fermarmi in autostrada, attendere l’arrivo del carro funebre dell’impresa del paese e consegnare il feretro a loro. Sulle piazzole dell’autostrada la bara viene trasportata da un carro all’altro, senza alcun rispetto. Ovviamente la famiglia del morto paga il doppio, due imprese, due funerali. Io però ho denunciato tutto». Cos’altro accade? «Ci sono imprenditori che giocano sull’equivoco e impongono tariffe e balzelli assurdi. Ad esempio, un feretro viene trasportato da Torre del Greco a San Giorgio. Si fanno pagare una tassa per ogni comune attraversato dal carro funebre: Torre, Ercolano, Portici e San Giorgio. Così i costi lievitano. La legge invece parla chiaro: si pagano i diritti al Comune dove è avvenuto il decesso e a quello in cui si seppellisce il morto». E negli ospedali quando muore qualcuno… «Il sistema è collaudato. C’è il medico o l’infermiere che chiamano i familiari e consigliano la ditta. Persino i portantini di ambulanze girano con i bigliettini in tasca delle ditte da proporre. Chiedetevi perché nelle sale mortuarie degli ospedali trovate sempre le stesse imprese. Un cadavere segnalato alla ditta giusta vale 50 euro. Provate a fare un po’ di conti. È il sistema, chi sgarra ci rimette la vita. Ma tanto nessuno si ribella».

La collaborazione di Enzo Amoroso con le forze dell’ordine è stata determinante nei tentativi dello stato di ostacolare la camorra e le sue attività: i suoi minuziosi racconti, i nomi e i cognomi, i dettagli che ha raccontato hanno fatto arrestare trenta persone e hanno dato vita a due grandi processi.

Amoroso ha disvelato i collegamenti tra imprese e clan da Pomigliano a Casalnuovo, da Marano a Quarto, da Ercolano a Castellammare. E non si è fermato neppure davanti ai casalesi. Un anno fa osò organizzare il funerale di una donna che era morta in una clinica di Castelvolturno. Quelli di Casale non gradirono l’intrusione: «Lascia sta’, sei venuto a prenderti i nostri morti e i nostri soldi». Nemmeno allora ha rinunciato a lavorare. «Il funerale — racconta — l’abbiamo fatto scortati dai carabinieri del colonnello Burgio». I casalesi da allora gliel’hanno giurata. C’è un’intercettazione da brivido tra due esponenti del clan di Terra di lavoro: «A quello di San Giorgio ci dobbiamo pensare… subito…». Così il comitato per l’ordine e la sicurezza ha deciso che il testimone Enzo Amoroso andava protetto.

E quindi Enzo Amoroso è finito sotto scorta, e grazie alla sua scorta per due volte è sfuggito ai tentativi della camorra di farlo fuori. Si divide tra la sua impresa e le aule di tribunale, dove viene convocato con grande frequenza per rendere testimonianze e raccontare quello che sa.

«Giovedì scorso ho reso l’ultima testimonianza al tribunale di Nola in un processo a esponenti dei Foria di Pomigliano d’Arco. Cinque ore di controesame, mi hanno interrogato sette difensori di imputati. Hanno cercato di mettermi in difficoltà, fanno il loro lavoro. Io però non rinuncio al mio. E a guardare negli occhi mia moglie e i miei figli, a qualunque costo».