Le new town fatte male

La relazione dell'ufficio tecnico del Comune dell'Aquila sulle case per i terremotati: "Si rendono evidenti segni di deterioramento degli edifici inaccettabili"

La procura nazionale antimafia, dice Repubblica stamattina, sta indagando su 18 dei 19 cantieri che hanno costruito le palazzine per i terremotati dell’Aquila: le famose “new town”, 145 edifici.

Tre i filoni. Il primo è quello dei subappalti del progetto C.a.s.e., con 22 procedimenti aperti su aziende con soci in odore di mafia (inchiesta che ha prodotto l’esclusione di 12 ditte da parte della prefettura dell’Aquila). C’è quindi il filone del sistema Anemone-Balducci, con l’iscrizione nel registro degli indagati del coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini. Ultimo filone: quello dei subappalti per le forniture del verde pubblico e degli arredi.

Carlo Bonini e Giuseppe Caporale raccontano non tanto l’inchiesta – su cui non hanno ancora sufficienti dettagli – ma la relazione dell’ufficio tecnico del Comune dell’Aquila “a conclusione di due mesi di certosini sopralluoghi in ogni angolo di quelle costruzioni”, gli 85 edifici antisismici del progetto C.a.s.e., costati 803 milioni di euro.

«Si rendono evidenti segni di deterioramento degli edifici inaccettabili».

La relazione è illustrata da una sessantina di fotografie in cui le considerazioni del documento divengono immediatamente chiare e comprensibili. Scrivono Bonini e Caporale:

Dai rivestimenti in cemento e talvolta dalla base dei pilastri che sostengono le piastre antisismiche si allargano lingue d’acqua lercia in cui galleggiano rifiuti di cantiere e macchine in parcheggio. E, in qualche caso, i fiotti hanno cominciato ad allagare anche ballatoi e piani bassi degli edifici.

Queste invece le parole della relazione.

«Questo ufficio ha potuto riscontrare alcune criticità. E le problematiche più evidenti riguardano perdite nelle tubazioni dei garage».

«Alcune ditte, per ovviare al problema, hanno escogitato soluzioni artigianali, costruendo contenitori in acciaio e tubazioni di scolo a vista, eludendo palesemente la riparazione della causa delle perdite».

«Nei garage si evidenzia la mancanza quasi generalizzata dei corollari antifuoco nelle colonne di scarico, con grave pregiudizio per il rispetto delle norme antincendio. In aggiunta, sono stati riscontrati: a) l’assenza di rivestimento coibente delle tubazioni esterne o la sua installazione precaria; b) lavori molto approssimativi nei rivestimenti con finitura in alluminio delle tubazioni; c) collegamenti elettrici e telefonici con cavi penzolanti o addirittura appoggiati a terra senza protezione».

Anche sugli standard di sicurezza, la relazione è critica.

«In diverse palazzine sono stati installati parapetti in ferro o legno con listelli orizzontali facilmente scavalcabili dai bambini. In alcuni casi, sono stati lasciati pericolosamente dei vuoti nel giunto di separazione tra la piastra e i vani scala esterni per l’accesso ai garages. In altri fabbricati, i vani scala esterni presentano pericoli da urto, a causa dei pianerottoli costruiti con profilati in ferro a spigoli vivi. Nei percorsi pedonali tra i garage e gli appartamenti, sono stati riscontrati lavori incompleti nelle pavimentazioni con rischio per le persone anziane o i non deambulanti»

«In un caso, la struttura in cemento armato del vano ascensore palesa carenze nella qualità del calcestruzzo».

L’articolo di Repubblica sottolinea che proprio “carenze nella qualità del calcestruzzo” furono individuate tra i fattori della distruzione di molti edifici abruzzesi durante il terremoto. Ed elenca ancora: ringhiere e passamano già arrugginiti o sverniciati, macchie nelle tinteggiature esterne, mancanza di battiscopa intorno ai fabbricati.

Per carità, gli ingegneri del Comune convengono che «la velocità di esecuzione dei lavori, può giustificare alcune disfunzioni». E però, «è altresì vero – scrivono – che in alcuni casi si contrappongono fabbricati completati egregiamente ed altri con problematiche serie da risolvere». Domanda: da chi? E con quali soldi?