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  • Martedì 8 giugno 2010

Petrolio, il cinquantesimo giorno

La struttura della BP sta raccogliendo più di metà del petrolio che fuoriesce, ma la falla non verrà chiusa prima di agosto

A causa di una serie di errori più o meno coscienti della BP, il 20 aprile scorso un’esplosione in cui sono morti 11 uomini ha portato all’affondamento della piattaforma Deepwater Horizon, e alla conseguente perdita di petrolio nel Golfo del Messico, al largo delle coste della Louisiana.

Quanto petrolio è stato disperso in mare finora?
Non è ancora chiaro. Le stime vanno dagli 83 ai 700 milioni di litri di petrolio, ma la verità sembra purtroppo attestarsi più sulla seconda che sulla prima cifra. Il disastro della BP è il più grave nella storia statunitense.

Cosa sta facendo la BP?
Dopo una serie di tentativi, nei giorni scorsi l’azienda britannica è riuscita a installare un sistema di contenimento (che i media italiani hanno prima chiamato “cupola”, poi “imbuto”) sopra la falla, in grado di catturare una buona parte del petrolio e stivarla in una nave in superficie. Parte del greggio sta comunque venendo disperso in mare, perché la pressione sulla falla è troppo alta, e raccogliendo tutto il petrolio si rischierebbe la creazione di idrati di metano, che hanno già bloccato una struttura di contenimento simile che era stata usata nei primi giorni della perdita. Il sistema sta attualmente catturando 11.000 dei circa 20.000 barili di petrolio che vengono dispersi ogni giorno in mare. La BP ha dichiarato che nei prossimi giorni si lavorerà alla sostituzione della struttura con un’altra più grande ed efficace, in grado di contenere quasi tutta la perdita.

Quando verrà chiusa la falla?
Non prima di metà agosto. La BP sta costruendo due pozzi di contenimento vicini al pozzo originale, per lasciar così uscire il petrolio da più sbocchi e di conseguenza rallentare la pressione sulla falla. Una volta diminuita la forza del getto la BP sarà in grado di lavorare per cementarla.

Quali sono i danni finora?
Il petrolio è arrivato a lambire quasi 200 chilometri delle coste tra la Louisiana e la Florida. Il numero delle vittime tra la fauna locale, comprese tartarughe e delfini, sta salendo di giorno in giorno (qua la galleria fotografica di Big Picture sugli animali catturati dal greggio), e un terzo delle acque federali del Golfo — 200.000 chilometri quadrati — sono stati chiusi alla pesca, un blocco che porterà gravi danni all’economia della zona. Grumi di petrolio arrivano a depositarsi sulle spiagge di Florida e Louisiana, di fatto annullando le possibilità turistiche delle zone. Un altro grave colpo per l’economia.

Le cose possono peggiorare?
Sì. Con la stagione degli uragani iniziata il primo giugno. I venti forti potrebbero agevolare i movimenti del petrolio, fino a portarlo vicino alle spiagge di Cuba e del Messico, nonché — anche se in uno scenario più apocalittico — trasportarlo fino all’Atlantico. La nuova struttura di contenimento pensata dalla BP prevede anche di poter essere facilmente disinstallabile e reinstallabile, proprio a causa del rischio di improvvisi uragani nella zona.

Quanto ci vorra per pulire il Golfo dal petrolio?
La Guardia Costiera ha dichiarato ieri che serviranno anni.

Cosa sta facendo Obama?
Si sta concentrando sul passare il messaggio che la Casa Bianca abbia fatto tutto il possibile per combattere la perdita, assistendo la BP dal punto di vista decisionale — ma non da quello tecnologico, perché, come dichiarato dallo stesso Obama, le aziende petrolifere hanno mezzi molto più efficienti del governo statunitense per occuparsi di problemi di questo tipo. Il presidente ha già licenziato Elizabeth Birnbaum, la direttrice del Minerals Management Service, la sezione del dipartimento degli interni americano che gestisce lo sfruttamento delle fonti d’energia minerarie. Ha inoltre bloccato tutti i progetti di trivellazione in corso, in attesa di concludere l’inchiesta su cos’abbia causato il disastro.

Quali sono le conseguenze per la BP?
Le azioni dall’azienda sono calate di un terzo; è di ieri la notizia che la banca Nordea ha venduto tutte le proprie azioni della BP, per un valore di oltre 10 milioni di euro. Come più volte annunciato, sia da Obama che dagli stessi direttori, sarà l’azienda a pagare per tutti i danni da lei creati. Dal punto di vista amministrativo, non cambierà invece nulla. Il direttore generale della BP ha detto l’altroieri che “l’idea delle dimissioni non mi è neanche passata per la mente”.

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