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  • Domenica 6 giugno 2010

L’operazione della BP funziona, poi rallenta

Dopo il successo nel contenimento del petrolio di venerdì, la BP ha deciso di non chiudere le valvole di sfogo come previsto

Dopo che due giorni fa la British Petroleum era riuscita a salvare 6000 barili di petrolio — quasi un milione di litri — dalla dispersione in mare, stivandoli sulla nave in superficie, il New York Times riferisce che ieri gli ingegneri dell’azienda hanno deciso di rallentare le operazioni, per non rischiare di incontrare gli stessi problemi che si erano creati al prima tentativo della cupola aspiratrice (qui tutte le operazione effettuate dalla BP per combattere la perdita di petrolio nel Golfo del Messico).

Attualmente, la BP — l’azienda che gestiva la piattaforma petrolifera Deepwater Horizon affondata un mese e mezzo fa — sta tentando di contenere la perdita, non di chiudere la falla. Dopo aver reciso l’oleodotto per semplificare le operazioni, giovedì la BP ha coperto la falla con una struttura in acciaio, la “cupola”, collegata a una nave in superficie che ha il compito di stivare il petrolio.
https://www.youtube.com/watch?v=3R2iOINXjOc
Non tutto il petrolio che fuoriesce dalla falla viene però raccolto dalla cupola, in cui sono presenti quattro valvole che permettono a parte del liquido di continuare a uscire. Questo nel tentativo di diminuire gradualmente perdita e pressione, fino al livello in cui sarà possibile chiudere le valvole e raccogliere tutto il petrolio. Ieri era in programma la chiusura di due valvole, che è stata però rinviata per non rischiare di alzare troppo in fretta la pressione e permettere quindi la creazione di idrati di metano, gli stessi cristalli che un mese fa avevano bloccato il funzionamento della prima cupola calata nell’oceano. Un altro problema che dovrà affrontare la BP riguarda la capacità del container della nave in superficie, in grado di contenere solo 15000 barili. Le stime indicano che la perdita giornaliera è tra i 12000 e i 19000 al giorno.

La soluzione di contenimento è solo temporanea. Il progetto a lungo termine, pensato per funzionare entro agosto, è quello di costruire due “pozzi di sollievo” vicino a quello principale, in modo da far uscire il petrolio da più parti, diminuendo così la pressione sulla falla e dando la possibilità all’azienda di lavorare alla sua cementazione.

Intanto, come scrive Good, la BP ha bandito l’uso dei “salsicciotti di pelo” — così li definisce una delle direttrici dell’iniziativa volontaria — di cui avevamo già parlato, tubi formati da calze di nylon riempite di capelli e peli di animali donati dagli americani e dall’associazione non profit Matter of Trust, in grado di assorbire e trattenere il petrolio. La BP ha ordinato ai volontari di non usarli — perché, a loro dire, affonderebbero — e di sostituirli con tubi di fibre sintetiche, ironicamente costruiti proprio partendo dal petrolio, come fa notare Riki Ott, tossicologa ed esperta del disastro Exxon Valdez:

L’approccio dell’azienda petrolifera è di usare prodotti sintetici basati sul petrolio in risposta alla perdita di petrolio. Dopo l’uso, come risultato avremo una montagna di materiale contaminato che dovrà andare interrato o incenerito: questo creerà un secondo problema d’inquinamento.

Sembra comunque che Matter of Trust abbia deciso di continuare con i meteriali naturali nonostante gli ordini della BP.