• Sport
  • Giovedì 3 giugno 2010

Celtics-Lakers, manuale per nottambuli

Dieci cose da sapere per affrontare - col termos del caffè - le dirette delle finali NBA

di Mauro Bevacqua

Volete sfidare il fuso, stare alzati la notte e godervi lo spettacolo delle Finali NBA, della 12esima serie di Finale NBA che vede Lakers e Celtics sfidarsi per il titolo ? Ecco la Top 10 delle cose che dovete sapere.

Boston Celtics vs. Los Angeles Lakers – fanno 32 titoli NBA in totale. I Celtics sono la squadra più vincente della storia NBA con 17 titoli, l’ultimo vinto nel 2008. I Lakers vengono subito dietro e contano in bacheca 15 titoli, l’ultimo vinto l’anno scorso.

Kobe Bryant – il più forte giocatore dei Lakers, forse il più forte giocatore della NBA, quindi il più forte giocatore del mondo. È il miglior marcatore nella storia dei Los Angeles Lakers, ha vinto quattro titoli NBA ed è alla ricerca del quinto, col quale pareggerebbe un certo Michael Jordan.

Big Three – i tre big di Boston si chiamano Paul Pierce (#34), Kevin Garnett (#5) e Ray Allen (#20). Pierce è a Boston da sempre, ma solo con l’arrivo di Garnett e Allen nel 2008 è riuscito a vincere il suo primo titolo NBA.

Rajon Rondo – è il playmaker titolare dei Celtics. E il motivo per cui oggi, a Boston, si parla di “Big Four”.

Ron Artest – il duro di casa Lakers, e uno dei migliori difensori NBA. Ma anche una delle teste più calde dell’intera Lega. Del 2004 la sua impresa più “famosa”: raggiunse sugli spalti un tifoso che gli aveva tirato addosso un bicchiere di birra e lo riempì di cazzotti. Venne sospeso per tutto l’anno (73 partite più altre 13 di playoff), vedendo così sfumare i 7 milioni di dollari del suo contratto annuale).

Lamar Odom – ovvero Mr. Kardashian, dopo che la bella Khloe (la sorella meno “famosa” di “Al passo con i Kardashian”) ha fatto irruzione nella sua vita e lo ha convinto al matrimonio, la scorsa estate. Non certo l’unica storia da copertina in casa Lakers: Sasha Vujacic, riserva slovena, da qualche tempo fa coppia con Maria Sharapova.

Phil Jackson – L’allenatore dei Lakers è un ex-giocatore (dei New York Knicks) e un ex-hippie. Spirito libero, amante delle filosofie orientali e per questo soprannominato “Coach Zen”. Ha allenato Michael Jordan (a Chicago, 6 titoli NBA vinti), sta allenando Kobe Bryant (a Los Angeles, altri 4 in bacheca). Il totale (10) lo rende l’allenatore più vincente della storia NBA.

Staples Center – la casa dei Lakers, ovvero “the place to be”, il posto dove farsi vedere a Los Angeles per tutta la prossima settimana. A bordocampo, solitamente, sfilano i nomi grossi di Hollywood e dintorni: da Jack Nicholson (tifoso n°1) a Tom Cruise, da Dustin Hoffman a Denzel Washington, da Rihanna a David Beckham. Sugli spalti dello Staples è più importante farsi inquadrare dalle telecamere che tifare per i Lakers, motivo per cui i fan gialloviola vengono spesso definiti “fair weather fans” e accusati di ricordarsi della propria squadra solo quando si vince.

TD Garden – Una volta era semplicemente il Boston Garden, forse il posto più affascinante dove giocare a basket nella NBA. Quel Garden oggi non c’è più, fisicamente e metaforicamente. Al suo posto un altro Garden, con lo stesso nome (o quasi, perché quel TD – della banca che paga per il “naming” – cambia tutto) e con lo stesso parquet incrociato (o quasi, perché se ne sono andate quelle zone “morte” dove il pallone non rimbalzava che soltanto Larry Bird e compagni conoscevano a memoria). L’atmosfera, però, rimane caldissima: VIP praticamente assenti (al massimo Mark Wahlberg…) ma 19.000 che urlano a squarciagola il coro preferito: “Beat L.A., beat L.A.”.

Maglie – La regola NBA vuole che la squadra di casa giochi in chiaro (in bianco i Celtics, in giallo i Lakers), quella in trasferta con la maglia colorata (verde per Boston, viola per L.A.). Se poi vi capiterà di guardare in TV gara-2, in calendario domenica 6 giugno allo Staples Center di L.A., vedrete i Lakers indossare una divisa più bianca del bucato. Motivo? Si chiama “alternate uniform”, la maglia alternativa, frutto di una pensata di quelli del marketing losangelino che, qualche stagione fa, decisero che le partite interne domenicali andassero santificate con una nuova divisa, bianca invece che giallo(viola). Boom di vendite, vagonate di dollari nelle casse della squadra e oggi non c’è tifoso dei Lakers che non abbia in armadio la 24 bianca di Kobe Bryant appesa di fianco al 32 gialloviola che fu di Magic Johnson.