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  • Martedì 1 giugno 2010

Australia e Giappone in guerra per le balene

L'Australia ha denunciato il Giappone alla Corte Internazionale di Giustizia

Dopo quasi ottomila anni di pratica, nel 1986 la caccia alla balene per fini esclusivamente commerciali fu sospesa a causa della diminuzione del numero degli esemplari. Questo non ha però impedito a nazioni quali Giappone, Islanda e Norvegia di sfidare il divieto, e continuare a cacciare le balene giustificando le operazioni sotto la voce “ricerca scientifica”.

Dopo il fallimento dei tentativi diplomatici, come riferisce CNN la settimana scorsa, l’Australia ha deciso di passare allo scontro frontale denunciando il Giappone alla Corte Internazionale di Giustizia, il principale organo giudiziario delle Nazioni Uniti all’Aia. “Vogliamo che si smetta di uccidere balene nell’antartico in nome della scienza”, ha detto Peter Garrett, il ministro australiano per la protezione ambientale.

L’azione australiana arriva un mese prima del meeting annuale della Commissione internazionale per la caccia alle balene, che si terrà in Marocco il prossimo 21 giugno. Nell’incontro si discuterà una proposta di compromesso per mettere fine allo scontro decennale tra nazioni pro e contro la caccia: secondo il piano, a Giappone, Islanda e Norvegia verrà permesso di continuare legalmente la caccia solo se prometteranno di diminuire sostanzialmente il numero delle balene uccise entro dieci anni. L’Australia ha criticato il compromesso, secondo il quale entro il prossimo anno il Giappone dovrebbe portare le uccisioni da 500 a 410, e a 205 nel 2015.

Il ministro degli esteri giapponese Hidenobu Sobashim ha definito “estremamente spiacevole” l’azione australiana. “Insisteremo con la nostra posizione riguardo al problema, e risponderemo adeguatamente.” La Nuova Zelanda ha dichiarato che entro la settimana deciderà se affiancarsi o meno all’Australia nella sua denuncia alla Corte internazionale.

Associated Press scrive inoltre che negli ultimi anni si sono incrementati notevolmente gli scontri tra le navi giapponesi e quelle degli attivisti del gruppo Sea Shepherd, che sono riusciti a impedire circa il 50 per cento delle uccisioni, portando il numero di balene catturate per stagione da 900 a 500. Peter Bethune, il primo attivista del gruppo Sea Shepherd arresttato dal Giappone, è stato dichiarato colpevole di violazione e distruzione della proprietà e se venisse condannato passerebbe 15 anni in prigione.