Nel Pd è ricominciato il tutti contro tutti

Come all'indomani delle politiche del 2008, ma a parti invertite: le critiche e i consigli a Bersani da parte di Fioroni, Marino, Veltroni, Morando, Tonini...

La lettura dei giornali di stamattina potrebbe essere andata di traverso a Pier Luigi Bersani. Con la fine della campagna elettorale, infatti, sembra essersi conclusa la tregua tra le varie aree e correnti del Partito Democratico: parlamentari, editorialisti d’area, opinionisti ed ex segretari sono tornati alla carica ed è ricominciata la consueta bagarre a colpi di interviste, dichiarazioni e messaggi trasversali.

C’è fermento soprattutto nelle aree di riferimento delle mozioni di minoranza all’ultimo congresso. Ignazio Marino, intervistato dal Riformista, suggerisce a Bersani di “liberarsi dalla timidezza che sta caratterizzando la sua segreteria. Se Pier Luigi continuerà a essere ostaggio di tutte le correnti interne, per il Pd sarà impossibile costruire l’identità che ancora gli manca”. Rilancia Giorgio Tonini, che chiede al Pd di “non ritirarsi sull’Aventino” nel dibattito sulle riforme. Enrico Morando, sulle pagine di Europa, sostiene che alle regionali non c’è stata alcuna inversione di tendenza. “Anzi. Se guardo alle condizioni di difficoltà in cui si trovava – per la prima volta dalle Politiche – il nostro avversario, concludo che la tendenza, purtroppo, continua e si aggrava”. Secondo Giuseppe Fioroni, invece, il Pd corre il rischio che riemergano “due feticci ridicoli, due categorie da sotto il vestito niente: una si chiama giovanilismo, l’altra unanimismo. Così non ci sto, non andiamo da nessuna parte”.

Anche nelle minoranze, comunque, non mancano le tensioni. Nei giorni scorsi si è parlato della travagliata nascita di Democratica, la fondazione che Veltroni avrebbe intenzione di trasformare nel suo personale “laboratorio” ma che ha visto le remore di alcuni suoi aderenti – tra i quali Ichino e Treu – che temono possa tradursi nell’ennesima corrente utile solo a logorare il profilo del partito. Tra l’altro, di Democratica dovrebbe far parte anche quel Michele Salvati – secondo molti padre fondatore del Pd – che solo pochi giorni fa sosteneva che il Partito Democratico fosse “un progetto fallito miseramente”. Il 17 aprile la direzione nazionale del Pd si riunirà per analizzare il voto e tentare di trovare “un senso a questa storia”, come dallo slogan-promessa di Bersani, e le minoranze uscite dall’ultimo congresso potrebbero rivolgere al segretario del Pd un deciso invito a rivedere le sue strategie da qui al 2013. Difficile però che possa trattarsi di un appuntamento risolutivo: tre anni sono tanti.