L’inversione di tendenza c’è o non c’è?

Le minoranze del Pd insoddisfatte verso Bersani e la sua lettura del voto alle regionali: "La linea di Bersani è fallita"

Sembra un disco rotto e probabilmente in effetti lo è, la litania delle polemiche interne al centrosinistra che seguono a ogni sconfitta elettorale. Stavolta, poi, la discussione coinvolge anche l’analisi stessa del dato elettorale, oltre che le sue conclusioni. Il segretario del Pd Pierluigi Bersani ha detto di non voler sentir parlare di sconfitta, e considerare questo turno di elezioni regionali come “un’inversione di tendenza”. In molti però, dentro e fuori il Pd, non la pensano in questo modo e non rinunciano a farlo presente al segretario. Goffredo De Marchis su Repubblica racconta dell’ascia di guerra dissotterrata dalle correnti di minoranza del partito, che non hanno dimenticato il trattamento subito da Veltroni e Franceschini all’indomani delle rispettive sconfitte elettorali.

“Si riapre una stagione dei veleni nel Partito democratico. La resa dei conti, lo scontro permanente, le lotte personali. Bersani l’ha messa nel conto. A questa sollevazione immanente si deve una conferenza stampa di commento al voto tutta giocata in difesa, nel rifiuto del termine sconfitta, nella spiegazione articolata dei dati per dimostrare la tenuta. “Uno show imbarazzante”, dicono gli avversari interni. Non ha voluto lasciare spiragli all’opposizione interna, il segretario. L’ha affrontata nella riunione notturna del coordinamento, l’organismo in cui siedono Veltroni, D’Alema, Fassino, Marini, Fioroni. Bersani, secondo gli oppositori, dovrebbe oggi far camminare sulle sue gambe la strategia degli sfidanti al congresso. “Ma il congresso l’abbiamo vinto noi. Franceschini e Veltroni per tre anni stanno in minoranza”, dice battagliero il dalemiano Matteo Orfini. “Se il Pd non lo fa Bersani, lo farà qualcun altro”, avverte però Giorgio Tonini.

Queste elezioni regionali avranno quindi l’effetto di riconsegnare un Pd tornato alla litigiosità dell’anno passato, ma anche di riaprire la discussione sulla natura e sulle scelte del partito, messa da parte subito dopo il congresso a causa dell’inizio della campagna elettorale. Il vicepresidente del Pd Ivan Scalfarotto oggi sull’Unità sostiene che alcune candidature sbagliate abbiano fatto perdere al Pd un’importante occasione.

“Nella provincia di Treviso, “Pars Infidelium”, Laura Puppato ha preso il doppio dei voti del più votato dei leghisti. A Monza, Lombardia Formigunensis, Pippo Civati ha surclassato in preferenze molti candidati del centrodestra. Pippo e Laura non sono due sconosciuti: entrambi presiedono forum del partito, entrambi siedono in Direzione Nazionale. I nomi di entrambi erano circolati insistentemente per la candidatura alla presidenza delle rispettive regioni e scartati senza troppe discussioni. Avrebbero perso lo stesso se avessero corso? Forse. Avrebbero perso in modo così disonorevole come chi li ha sostituiti? Forse no, ma non è questo il punto. Il punto è che oggi, in Lombardia e Veneto abbiamo perso l’occasione di avere in sella due leader credibili per il futuro, due persone la cui presenza in un ruolo di leadership avrebbe significato costruire sui territori un’alternativa solida e credibile per il domani. E’ per questo che sentir parlare dal nostro segretario di un’inversione di tendenza aggiunge la beffa al danno: chi la gestirà l’inversione di tendenza, Bortolussi?”

Simili perplessità sono espresse dallo stesso Pippo Civati – “Non è il 95° minuto della partita, come dice Bersani. Questa partita dura da vent’anni” – e la deputata Federica Mogherini, che scrive oggi sul suo blog:

“Ora, la parte più penosa è quella del “abbiamo tenuto”. Per carità, un esercizio vecchio di decenni – ricordo le facce imbarazzate di quasi tutti quelli che, nella storia di questa seconda repubblica, sono “scesi dai giornalisti” per spiegare che in fondo è andata bene, se si somma questo e si considera quest’altro. Oggi vedere il ripetersi stanco di questo esercizio fa male più delle altre volte. Perchè non capisco cosa altro possano o debbano fare tutti quelli che cercano (e non da oggi) di farci capire che così non va bene. […] Oggi leggo che la soluzione sarebbe il “modello Liguria”: tutti dentro, dall’UDC alla Sinistra comunista. Che se non sbaglio è anche il “modello Piemonte” – la differenza la fa il 4% di Grillo, che il Piemonte c’era e in Liguria no. Ma, posto che non si può proibire alla gente di candidarsi, la via è allargare le alleanze da Grillo a Casini…? Ma davvero…?Segnalo uno splendido Vincino sul Corriere di oggi: “Rifecero l’Unione per riperdere come sempre fa l’Unione”. A questo punto, mi aspetto Prodi candidato premier nel 2013”.